Scene di lotta di classe arancione. In «deMa», ci sono oggi meno di 300 iscritti e alle assemblee partecipano poco più di una ventina di associati. Sono numeri sufficienti per un gruppo politico che ha ambizioni nazionali e che, nel profondo dei social network, esprime tutto il proprio malessere?
La crisi del partito del sindaco di Napoli Luigi de Magistris è profonda, ben al di là dei non brillanti risultati elettorali alle ultime amministrative.

C’è una spaccatura – spiega un dissidente a «Stylo24» – tra l’ala piccolo borghese, che chiameremo dei «vomeresi», e quella «proletaria», che è invece vicina ai movimenti, per le ultime caselle disponibili nell’organigramma della squadra di Luigi de Magistris. Lo schema è semplice: i «vomeresi» si contrappongono ai «proletari» non solo sulla linea politica da seguire ma anche per quel che riguarda i ruoli all’interno di «Democrazia e Autonomia».
L’ala moderata (ex Dc, ex IdV, ex bassoliniani, professionisti e radical chic per lo più residenti tra il Vomero, appunto; Posillipo e Chiaia) vorrebbero il siluramento del capogruppo consiliare Rosario Andreozzi.
Lo considerano poco «presentabile» rispetto alle esigenze di immagine
del movimento che, entro un anno,
dovrà affacciarsi sul palcoscenico
delle politiche.
Andreozzi, residente a Scampia (orrore!), dipendente della NapoliServizi e delegato sindacale Cgil, dovrebbe essere sostituito da Salvatore Pace. Preside del liceo frequentato da Giggino, elegante, preparato e soprattutto vomerese.
Il sindaco per ora tace perché sa che i «vomeresi» sono la prevalenza nel movimento, e senza di loro non va da nessuna parte. Ma la tregua armata tra le due anime in lotta, in «deMa» è assai fragile. E da un momento all’altro può arrivare la perturbazione critica che può far saltare tutto.