di Giancarlo Tommasone
Dagli anni di piombo agli anni d’oro, un’altra vita: quella che conduce da tempo Vittorio Spadavecchia, napoletano, 56enne, ex Nar. Latitante.
A vederlo, oggi,
con il cappellino
della squadra di rugby
di cui è manager,
viene difficile
immaginarselo,
una volta,
componente
dei Nuclei armati
rivoluzionari
Migrato al freddo, in Inghilterra, già a partire dall’estate di 35 anni fa; oltre a quello della stagione afosa, non riusciva a sopportare un altro tipo di caldo, il fiato sul collo dell’Ufficio Digos di Roma, che lo stava cercando per l’attentato del 24 giugno 1982. Un commando formato da quattro terroristi neri attaccò una pattuglia della polizia,che svolgeva servizio di vigilanza sotto l’abitazione capitolina di Nemer Hammad, capo della rappresentanza in Italia dell’Olp.
Gli agenti furono disarmati, poi i terroristi
esplosero al loro indirizzo alcuni colpi di arma da fuoco
Il bilancio fu pesante per gli uomini in divisa: un morto e un ferito grave. Per quei fatti e per altri reati, Ricky, come si fa anche chiamare Spadavecchia, viene condannato, in contumacia, a una pena di 15 anni di carcere con la sentenza della Corte di Assise di Appello di Roma del 17 giugno 1988 (divenuta definitiva il 5 giugno 1989). Lo arrestano a Londra, nel 1999, ma in carcere ci resta poco.
Le richieste di estradizione in Italia rispedite al mittente
Nel 2000 (il dieci maggio), un tribunale londinese rigetta la prima richiesta di estradizione avanzata, per Spadavecchia, dal nostro Paese. L’ex Nar, secondo i giudici inglesi, proprio perché condannato in contumacia, non avrebbe avuto garanzia della possibilità di celebrare un nuovo processo. La richiesta di estradizione viene rispedita a Roma pure nel 2016, nemmeno a farlo apposta, sempre il 10 maggio. A luglio del 2015, infatti, i magistrati italiani avevano emesso un nuovo mandato di arresto conseguente all’indagine sul «Mondo di mezzo» in Mafia Capitale. Spadavecchia, nell’ambito di quell’inchiesta, viene accostato a Massimo Carminati, che tra l’altro, risulta agli inquirenti, nel 2012 si sarebbe recato a trovare, proprio nella City, l’amico e camerata dei Nar.
E dunque, Ricky, nonostante il suo nome compaia nella lista dei trenta terroristi latitanti (rossi e neri) finita sulla scrivania di Salvini e di Buonafede (dopo la cattura di Cesare Battisti) può dirsi ancora al sicuro in quella che nel Ventennio, i camerati, precursori del 56enne, chiamavano «Perfida Albione» (prendendo in prestito la definizione dal marchese Agostino di Ximenes). E’ ricca e dorata la nuova vita di Spadavecchia, altro che vile piombo.
Dalla lotta armata alla guida di una importante società
La passione per la palla ovale: manager di una squadra di rugby
Nel corso degli anni è diventato un importante uomo d’affari, abita a Kensington, uno dei quartieri più esclusivi e lussuosi di Londra, è sposato con una agente immobiliare da cui ha avuto tre figli, ed è azionista di una società, la Kencroft Properties Limited, che ha nel suo portafogli un patrimonio che vale oltre 12 milioni di sterline. Dell’azienda è titolare anche un altro ex aderente ai Nuclei armati rivoluzionari, rifugiato a Londra, Stefano Tiraboschi. Accanto all’attività professionale Spadavecchia coltiva una vecchia passione, quella per la palla ovale e lo fa nelle vesti di manager di un club di rugby, l’Ealing Trailfinders. Lo abbiamo scritto e ribadito, Ricky, ormai ha una nuova vita. Una vita, però, su cui pende una condanna a 15 anni. Né di piombo, né d’oro. Piuttosto di ferro, come le sbarre del carcere in cui, secondo la giustizia italiana, sarebbe dovuto finire già da tempo.