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Home Inchieste e storia della camorra

La vittima del racket che copre i boss: vi proteggo io dalle guardie

di Redazione
18 Novembre 2019
in Inchieste e storia della camorra
Tempo di lettura: 2 minuti
Un'immagine di repertorio, di cantieri stradali a Napoli

Un'immagine di repertorio, di cantieri stradali a Napoli

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Le mani della camorra sui lavori in Via Marina e al porto di Napoli

di Giancarlo Tommasone

E’ tale il clima di intimidazione e di terrore instaurato dal gruppo capeggiato dal boss Carmine Montescuro (85enne detto zì Menuzzo) che porta un imprenditore taglieggiato ad affermare: se le guardie vi contestano che siete venuti da me, io vi copro e dico che eravate venuti a cercare lavoro. E’ il 21 dicembre del 2016 e Antonio Montescuro (figlio di Carmine) insieme a Nino Argano raggiungono la sede di Acerra, dell’impresa edile guidata dall’imprenditore chiamato a sborsare la tangente di Natale. In precedenza era stato deciso per una tranche di 5mila euro, ma il titolare della ditta, aveva messo in chiaro una cosa: «Quando venite a prendere i soldi, non mandate Nino», del quale era terrorizzato.

Leggi anche / «Ora vuole fare l’infame,
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I lavori che sta svolgendo C. R. (la vittima del racket) sono quelli per la riqualificazione di Via Marina. In precedenza, vale a dire, circa dieci anni prima, lo stesso imprenditore «era stato oggetto di richieste estorsive per delle opere relative alla costruzione delle gallerie di linea della Metropolitana di Napoli – linea I, lotto 6.1, tratta Dante-CdN e che lo stesso cantiere si articolava da Via Santa Maria di Costantinopoli alla Mosche, (pozzo Brin), fino alla Piazza Sette Settembre, ovvero nei pressi di Piazza Dante», è scritto nell’ordinanza. Ma tornando alla dazione del dicembre 2016, a recuperare i soldi, si recano Argano e Antonio Montescuro.

I conti che non tornano / Inchiesta sul porto,
il patrimonio «occulto» dell’imprenditore nullatenente

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, ricostruzione supportata dalle intercettazioni ambientali, a riscuotere materialmente l’estorsione, si reca solo Antonio Montescuro, mentre Argano lo aspetta in auto. Il clan, nell’occasione, riesce a mettere le mani soltanto su tremila euro. Ma alla fine, fa notare il figlio di Montescuro a Nino, «è meglio accontentarsi». «Lui mi ha detto: “Voi tenete la porta aperta, potete venire qua quando volete voi e se vi fermano qua dentro, io dico che mi state domandando per un po’ di lavoro», racconta Montescuro ad Argano. E aggiunge: «Ha detto che voi (si riferisce ad Argano e a zì Menuzzo) state sempre nei suoi pensieri». Facendo intendere (l’imprenditore) che quando la situazione economica migliorerà, si adeguerà alle richieste della cosca, evidentemente senza chiedere sconti.

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