di Francesco Vitale
La battaglia che si combatte tra l’ex governatore della Sardegna Mauro Pili (attualmente leader di Unidos) e Tirrenia affonda le radici nel tempo. Il 5 febbraio del 2012 l’allora deputato del Pdl chiese al presidente della Camera dell’epoca, Gianfranco Fini di riferire «sull’episodio che stanotte ha messo fuori uso l’ennesima nave della Tirrenia destinata alle rotte della Sardegna».
La richiesta arrivò
in seguito
a quanto verificatosi
nel porto di Civitavecchia
dove la nave Sharden
della compagnia Tirrenia
in partenza dalla cittadina laziale
verso Olbia aveva urtato
contro una banchina
provocando uno squarcio
di 30 metri sullo scafo
«Risulta sempre più evidente – disse Pili – che la Tirrenia sia una compagnia allo sbando e che la gestione della stessa è insostenibile sul piano dell’erogazione del servizio di continuità territoriale da e per la Sardegna (…) la Tirrenia continua a gestire un servizio pubblico senza esserne in grado e ricevendo dallo Stato per questo motivo (73 milioni) di euro all’anno». L’ultimo tema è al centro di un’altra azione di Mauro Pili, quella avviata lo scorso agosto sulla piattaforma change.org attuata per «demolire la convenzione capestro tra il gruppo Moby-Tirrenia e lo Stato da 73 milioni di euro all’anno per complessivi 560 milioni di euro in 8 anni».
La petizione, da portare
all’attenzione del Governo,
ha raccolto ben 60mila firme
A questo punto è sceso in campo Vincenzo Onorato (patron di Moby-Tirrenia); l’armatore napoletano ha chiesto un’inchiesta contro Grimaldi (società guidata da Manuel Grimaldi, anch’egli partenopeo), perché secondo lui, sosterrebbe la campagna di Pili. Immediata la risposta di Grimaldi, che non solo plaude all’iniziativa di Mauro Pili, ma fa sapere, che in cambio della metà dei famosi 73 milioni destinati dalla Tirrenia in virtù della convenzione accorata dal Governo, è disposta a trasportare gratis tutti i sardi.
Sullo sfondo la battaglia del «navigare italiano»
All’origine del botta e risposta tra gruppi armatoriali, il rilancio di Pili, che ha tirato fuori un’altra storia. Lo ha fatto attraverso un comunicato: «Il gruppo Onorato sta tentando di vendere ad un gruppo finanziario nipponico tre delle sue navi destinate alla Sardegna (…) In pratica il proprietario di Tirrenia e Moby vorrebbe incassare subito dalla finanziaria giapponese 210 milioni di euro, per poi noleggiarle dall’acquirente.
Tutto questo alla luce della semestrale del gruppo Moby presentata giorni fa da cui si evince una situazione disperata dei conti sempre più in rosso del gruppo Onorato». La misura, almeno per Onorato è colma: l’armatore napoletano passa al contrattacco e annuncia querela contro l’ex governatore. Una querela per diffamazione, con richiesta di risarcimento per un valore iniziale di 20 milioni di euro.
Il motivo: danni reputazionali e aziendali
«In gioco – è scritto nella nota ufficiale diffusa dall’armatore – non c’è la conquista di quote di mercato o l’apertura di nuove rotte. C’è l’onorabilità e la dignità di una famiglia, la nostra, da cinque generazioni sul mare e c’è anche il rispetto che si deve a 5.000 persone che lavorano ogni giorno spalla a spalla con noi». Il patron di Moby e Tirrenia ha pure invocato indagini da parte dell’autorità giudiziaria «sulla campagna diffamatoria articolata anche attraverso interventi diretti del direttore short-sea della Grimaldi Lines, Guido Grimaldi, come provato dalla diffusione di messaggi telefonici personali in particolare alla comunità estesa dell’autotrasporto. Ciò attraverso dichiarazioni perfettamente sovrapponibili a quelle rilasciate da Pili anche nell’ambito di una petizione in rete finalizzata a colpire la convenzione con lo Stato e attraverso la gestione di attività di volantinaggio all’imbarco dei traghetti del gruppo Grimaldi».
Non si è fatta attendere la risposta
di Guido Grimaldi, chiamato in causa da Onorato
«Apprezziamo l’iniziativa del presidente Mauro Pili, nonché quella del presidente Ugo Cappellacci, e ci rallegriamo per la sottoscrizione della petizione da parte di oltre 60.000 cittadini i quali chiedono la revoca della Convenzione per la continuità territoriale vigente tra lo Stato Italiano e Tirrenia. Il nostro non è quindi un ruolo ambiguo ma un chiaro sostegno ad una lodevole iniziativa che difende gli interessi dei cittadini italiani. Trattasi di una convenzione che non è stata messa in gara, a differenza dell’unica convenzione sottoscritta dal Gruppo Grimaldi (con la formula ‘Public Service Obligation’) con lo Stato Maltese la quale è stata oggetto di gara per ben tre volte nell’arco degli ultimi 10 anni. Tale convenzione prevede un modestissimo importo annuo di 200mila euro per collegare, con l’Italia, una nazione più grande dell’isola d’Elba (per la quale vengono erogati oltre 20 milioni annui».
Il bond Moby affonda
Tornando sulla notizia resa nota da Pili, relativa alla presunta imminente cessione di tre unità a un gruppo giapponese, avrebbe avuto anche ripercussioni negative sul bond di Moby. La circostanza è stata riportata da Milano Finanza nell’edizione di oggi. «Ieri il bond di Moby da 300 milioni di euro (scadenza 2023 e rendimento 7,75%) ha toccato il suo minimo storico alla borsa di Lussemburgo raggiungendo quota 70% rispetto al suo valore di emissione», rileva il quotidiano.