Michele Coscia fu trucidato a colpi di pistola durante la festa per i Mondiali del 2006, la svolta sul caso grazie al neo pentito Emanuele Pancia: «Con la bandiera colpì per sbaglio il fratello del ras, ho capito subito che nel viso di quel ragazzino qualcosa non mi convinceva. Poi sono arrivati con tre motorini»
Un testimone chiave, poi transitato tra le fila dei collaboratori di giustizia, ha consentito agli inquirenti di fare luce, dopo quasi 17 anni, sull’omicidio di Michele Coscia, ucciso a colpi di pistola a Chiaiano durante i festeggiamenti per la vittoria dell’Italia ai Mondiali. Per quel delitto pochi giorni fa sono finiti in manette Luigi Torino e Nicola Torino, figli dell’ex boss Salvatore Torino “’o gassusaro”. Sarebbero stati loro, secondo la ricostruzione della Procura, a far fuoco contro la vittima, punita a morte dopo aver avuto un litigio con il loro fratello minorenne.
A chiarire la vicenda e indicare ai pm i nomi degli autori del raid è stato il 7 ottobre del 2021 Emanuele Pancia, affiliato al clan Stabile di Chiaiano: gruppo criminale di cui faceva parte anche il fratello di Michele Coscia, ucciso a sua volta due anni prima in un agguato di stampo mafioso. Michele Coscia, pur avendo alle spalle qualche piccolo guaio giudiziario, non era però un camorrista e gli inquirenti l’hanno sempre considerato estraneo alle logiche del “sistema”. Quella sera, però, mentre tutta la città era in preda ai festeggiamenti, ebbe la sfortuna di incrociare il proprio percorso con quello della persona “sbagliata”.
«Io con Michele Coscia, Luca Isaia, Gaetano Di Donato, Giuseppe Di Donato e qualcun altro – ha spiegato Pancia – eravamo in una traversa di Santa Maria in Cubito che si chiama corso Chiaiano per festeggiare la vittoria dell’Italia. In questa strada da un lato c’è il Bar Centrale, dall’altro un negozio di tabacchi gestito dai fratelli Ruoppo. Mentre festeggiavamo, Michele Coscia, sventolando la bandiera, se non erro con l’asta, colpì un ragazzo, all’epoca minorenne, che era seduto su di un motorino, il ragazzo pur non essendosi fatto male insultò Coscia… Solo dopo i fatti ho saputo che il ragazzo si chiamava omissis, era fratello di Luigi Torino detto “Gino ’o Pugone”, figli entrambi di Salvatore Torino detto “”o gassusaro”». Di lì a pochi minuti la tragedia avrebbe preso corpo.
Michele Coscia, stando a quanto riferito dal neo pentito, avrebbe a sua volta reagito agli insulti che gli erano stati rivolti dal ragazzino: «Michele reagì colpendo violentemente con la mano il paravento del motorino del ragazzo, tanto da spezzarlo; nel rompersi una parte del paravento andò in faccia al ragazzo, che non reagì, anzi mise in moto il motorino e andò via. Notai che mentre camminava si avvicinarono al suo motorino i fratelli Enrico e Vincenzo Esposito, figli di Geremia Esposito… Seppure in quel momento non sapevo chi fosse il ragazzino, qualcosa del suo viso non mi piaceva e, avendo intuito che c’era rimasto male per quanto accaduto, decisi di seguirlo anche io… Lo raggiunsi, lo fermai all’altezza della metropolitana di Chiaiano e gli dissi che volevo risarcirlo per la rottura del paravento, gli offrii cento euro non solo a voce, ma gli mostrai proprio il denaro. Il ragazzo rifiutò la mia offerta dicendo che andava bene così, accelerò e andò via». La sentenza di morte era stata ormai pronunciata.
A questo punto Emanuele Pancia tornò indietro e, temendo il peggio, invitò l’amico a tornare a casa. Michele Coscia non volle però sentir ragioni e rimase in strada per continuare a festeggiare la vittoria degli azzurri: «Dalla strada che si incrocia con corso Chiaiano a un certo punto vidi arrivare tre motorini dal lato della metro di Chiaiano e in particolare un motorino People con a bordo i due fratelli Enrico e Vincenzo Esposito, un altro motorino dove c’era come passeggero omissis Torino, colpito dalla bandiera di Coscia, e alla guida un ragazzo che non conoscevo, e infine un terzo motorino con alla guida una persona che non ho individuato e seduto dietro c’era Luigi Torino “’o pugone”… I tre motorini si fermarono vicino al marciapiede del bar Centrale e distinsi benissimo omissis Torino mentre indicava al fratello Luigi Michele Coscia, a questo punto Luigi Torino scese dal motorino, fu l’unico a farlo, sparò due colpi. Andai via subito ma ho saputo dalle altre persone presenti, in particolare da Giuseppe Di Donato che fu ferito a una gamba, che Luigi Torino sparò molti altri colpi, Coscia fu colpito in varie parti del corpo e anche alla schiena e morì sul colpo, Torino colpì anche una ragazza».
Consumatosi l’efferato delitto, scattò immediatamente la caccia all’uomo. Il clan egemone nella zona, i Lo Russo, in particolare si attivarono per sapere il nome del responsabile dell’omicidio: «Nei giorni successivi – ha messo a verbale Pancia – Salvatore Lo Russo e Raffaele Perfetto che all’epoca gestivano il clan, volevano conto e ragione di questo omicidio commesso senza il loro assenso. Erano interessati a sapere il nome dell’autori anche Ciro Ferrara, Francesco Russo “Dobermann” e Vincenzo Bonovolta… Ricordo che giravano armati, che chiedevano a chiunque potesse dare loro notizie e informazioni, vennero anche da me più e più volte ma io dissi loro di non saperlo». Di lì a breve il killer si sarebbe però fato avanti: «Dopo un po’ di tempo questa caccia all’omicida cessò. Seppi da Luca Isaia che erano tutti calmati in quanto Luigi Torino era andato a parlare con Raffaele Perfetto e Salvatore Lo Russo e aveva spiegato loro che il suo intento non era uccidere Michele Coscia, lui gli voleva solo dare una lezione sparandogli nelle gambe in quanto costituiva un pericolo per loro, perché voleva vendicare la morte del fratello Alberto, disse anche che stava dando fastidio ai commercianti di Chiaiano. Ribadì la sua intenzione, ma poi Michele Coscia aveva tentato di prendergli la pistola dalle mani ed era stato costretto a ucciderlo».