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Home Inchieste e storia della camorra

Terrorismo islamico, quei documenti falsi comprati a Napoli

di Redazione
17 Gennaio 2019
in Inchieste e storia della camorra, Notizie di Cronaca
Tempo di lettura: 3 minuti
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di Francesco Vitale

L’operazione antiterrorismo è stata condotta dal Ros lo scorso otto gennaio, tra le province di Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia. Ma come vedremo, le indagini portano anche a Napoli e a Caserta. E’ in Sicilia però che la maggior parte dei 15 indagati sono residenti. Si tratta di cittadini tunisini, ma ci sono anche marocchini e italiani. Nei loro confronti sono state spiccati 15 ordini di arresto, otto sono stati eseguiti, mentre mancano all’appello sette persone.

Tra i reati
contestati,
a vario titolo,
anche quello
dell’istigazione
a commettere più
delitti in materia
di terrorismo
e l’associazione
per delinquere
finalizzata al favoreggiamento
dell’immigrazione
clandestina

Gli inquirenti hanno annotato diversi episodi di ingresso illegale di migranti clandestini in Italia ed di esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria. Le forze dell’ordine hanno scoperto pure che venivano utilizzati potenti gommoni che trasportavano migranti dalla Tunisia a Mazara del Vallo in cambio del pagamento di 2.500 euro.

Le tracce di un indagato
portano a Napoli,
dove si è recato
per comprare documenti falsi

Nel corso di una conversazione telefonica avvenuta alle 17.26 del 22 aprile 2017, il tunisino Aymen Fathali riferiva di essere nel capoluogo partenopeo per prendere dei documenti falsi. Nell’occasione, annotano gli inquirenti, Fathali chiedeva al suo interlocutore, il connazionale Mongi Ltaief di non riferire dei suoi spostamenti ad altri soggetti poiché una terza persona (non specificata) chiedeva notizie su di lui.

A questa richiesta, Ltaief rispondeva «dicendo che era a conoscenza di tutto, anche del programma (certamente riferito a qualcosa di natura violenta) che non meglio precisati soggetti avevano nei confronti di Fathali, a cui suggeriva di scappare». I documenti falsi, comprati a Napoli, finivano poi agli altri indagati. «Nel caso di specie – sottolineano gli investigatori – gli indagati Khedr Ahmed e Fathali Aymen, dopo aver utilizzato falsi documenti di identità per l’acquisto di sim card, hanno volutamente invertito le rispettive false identità al fine di rendere ancora più complessa la loro eventuale identificazione nell’ambito di attività di indagine». Partendo da questi elementi si avviano i controlli sulle utenze telefoniche in uso agli indagati. Quelle utilizzate da Ahmed, sono risultate appartenere al gestore Lycamobile ed intestate a Bedoui Yassin, tunisino che sarebbe stato residente a Caserta. Sul conto di quest’ultimo, va evidenziato che, in sede di stipula del contratto telefonico, ha esibito al gestore telefonico una carta che risultava essere stata rilasciata il 6 agosto del 2014 dal Comune di Caserta, ma il documento era falso. Indagini in corso per risalire anche agli altri componenti del gruppo e soprattutto per giungere ai gestori della centrale di documenti falsi a Napoli.

Gli investigatori: «Rischio terrorismo di matrice jihadista»

«Sussistono significativi ed univoci elementi per ritenere che l’organizzazione in esame costituisca un’attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale poiché in grado di fornire a diversi clandestini un passaggio marittimo occulto, sicuro e celere che, proprio per queste caratteristiche, risulta particolarmente appetibile anche per quei soggetti ricercati dalle forze di sicurezza tunisine, in quanto gravati da precedenti penali o di polizia ovvero sospettati di connessioni con formazioni terroristiche di matrice confessionale», ritengono i magistrati della Dda. Gli investigatori hanno parlato di «rischio terrorismo di matrice jihadista».

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Tags: antiterrorismoarresticasertacentrale documenti falsi napolidocumenti falsiinchiesta ddaindaginiitaliajhadlatitantiMarocconapolioperazione rosPalermotessera identità fasullatunisia
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