Le rivelazioni dei pentiti agli atti del processo ’Ndrangheta stragista. Nel «consorzio» c’era una folta rappresentanza di camorristi
Il «consorzio» era nato a Milano, con un unico obiettivo: rappresentare la ’Ndrangheta al Nord. Ma i calabresi, ben presto, strutturarono in modo tale l’avamposto in Lombardia, che lo fecero diventare un cartello: una confederazione di cui facevano parte anche Cosa nostra siciliana, mafia pugliese e una folta rappresentanza di campani, camorristi naturalmente. L’esistenza del consorzio è emersa grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia; i verbali dei pentiti sono allegati agli atti del processo imbastito contro la ’Ndrangheta stragista (che si è concluso alla fine di luglio scorso con la condanna all’ergastolo inflitta ai boss Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone).
I segreti svelati / «C’era pure la camorra nel
consorzio criminale con calabresi e corleonesi»
Le maggiori organizzazioni criminali italiane si trovarono a collaborare tra loro, in stretta sinergia. «“Fare parte” significava che ci si consultava, ci si scambiava favori, anche omicidi. Per quanto riguarda gli omicidi, Cosa nostra quando chiedeva un favore ai referenti calabresi o campani, partecipava in prima persona con propri uomini all’esecuzione dei delitti», fa mettere a verbale il collaboratore di giustizia Francesco Onorato, ex componente del mandamento di San Lorenzo, guidato da Salvatore Biondino. Concetto ribadito da Salvatore Annacondia, a suo tempo uno dei più carismatici ed eminenti esponenti della mafia pugliese. «La parola “consorzio” era usata raramente ma era usata. Il “consorzio” era la mamma di tutti i gruppi. Era una realtà che andava oltre la ’Ndrangheta e comprendeva calabresi, pugliesi, siciliani, campani. Milano e la Lombardia erano i territori di elezione di questo consorzio, erano i territori dove andavamo tutti, dove convergevamo tutti. La Lombardia era la succursale della Calabria», racconta ai magistrati Annacondia.