Scampia e Secondigliano, la nascita della scissione
di Giancarlo Tommasone
Nella primavera del 2003, come fa mettere a verbale il collaboratore di giustizia Antonio Prestieri, si tenne una riunione presso una villa nella disponibilità di Gennaro Mckay Marino (fratello del defunto boss Gaetano, primo marito di Tina Rispoli, convolata poi, nel marzo del 2019, a nuove nozze con Tony Colombo). Durante quel summit, a cui parteciparono, il cugino omonimo di Antonio Prestieri, Genny Mckay, Arcangelo Abete (detto Angioletto), Massimiliano Mele (detto Pappagnella) ed altre persone, si parlò dell’eliminazione di Paolo Di Lauro. All’epoca, Ciruzzo ’o milionario (Di Lauro, appunto) era il vertice di una organizzazione criminale piramidale, tra le prime in Europa per il traffico di stupefacenti.
Leggi la prima parte dell’inchiesta / E Genny
Mckay disse: dobbiamo uccidere Paolo Di Lauro
Nel corso dell’incontro, racconta Antonio Prestieri ai magistrati, «dissero a mio cugino che volevano uccidere Paolo Di Lauro, detto Ciruzzo ’o milionario. Mio cugino rispose che lui non poteva decidere una cosa di questo genere avendo uno zio che comandava e che ne doveva parlare con lui, (lo zio) che si chiama Tommaso Prestieri».
La riunione in cui si gettarono le basi
per la scissione dal clan Di Lauro
«Così Genny – continua il pentito – riaccompagnò mio cugino sotto la sua abitazione, che si trova in via Gran Sasso. Io mi trovavo lì ad aspettarlo perché, non ricordo chi, mi disse che mio cugino si trovava con Genny ed io volevo sapere cosa gli aveva detto. Poco dopo li vidi arrivare sul motorino, io salutai Genny e quando questi andò via, mio cugino mi disse cosa gli era successo».

A questo punto, rendiconta il pentito (la deposizione è del 16 maggio 2008), «andammo da nostro zio Tommaso Prestieri, da soli. Appena giunti sotto la sua abitazione nel rione dei Sette Palazzi, dietro di noi arrivarono anche Arcangelo Abete, detto Angioletto, e Gennaro Marino, detto Mckay. Ricordo che salimmo da Tommaso insieme, e questi ci invitò a parlare sul ballatoio, per paura di eventuali microspie in casa. Genny e Angioletto dissero la stessa cosa che avevano detto a mio cugino Antonio Prestieri e rivelarono anche a lui le loro intenzioni che, cioè, volevano uccidere Paolo Di Lauro. Mio zio Tommaso disse loro che era complicato perché Paolo Di Lauro era latitante e nessuno sapeva dove egli fosse. Poi ricordo che mio zio Tommaso disse anche che Paolo Di Lauro aveva molti amici e che non sarebbe stata una cosa facile perché altre famiglie di camorra avrebbero potuto appoggiarlo».

A questo punto, rendiconta ancora Prestieri, «Angioletto Abete, ricordo, disse rivolto a Tommaso, di fare come fece mio zio Raffaele Prestieri, negli anni ’80, uccidendo Mimì Silvestri, allora come da me già riferitole, capo del clan Di Lauro, il quale era stato ucciso da mio zio Raffaele, insieme a Raffaele Abbinante, senza che essi chiedessero il preventivo consenso a Paolo Di Lauro. Allora Arcangelo Abete e Gennaro Marino ci proposero di uccidere un bersaglio più avvicinabile, quale Fulvio Montanino, personaggio di spicco del clan Di Lauro, molto legato a Cosimo Di Lauro».

Anche in questo caso, cauta la risposta di Tommaso Prestieri (che in seguito comincerà a collaborare con la giustizia). «Mio zio Tommaso non si sbilanciò – spiega Antonio Prestieri – Ricordo che ribadiva che tali propositi erano rischiosi, ciò al fine di calmarli e farli desistere». Guardando le cronache del 2004, Tommaso Prestieri non riuscì nel suo intento di «paciere». Quel giorno del 2003, nei fatti era stata decretata ufficialmente la scissione, che l’anno successivo porterà all’esplosione della faida di Scampia. Da un lato si schiereranno, appunto gli Scissionisti, con l’ala militare guidata da Gennaro Marino, dall’altro i componenti dell’esercito che resta fedele a Ciruzzo ’o milionario.

Ma, domanda il pm, ad Antonio Prestieri, quale era il motivo dell’astio di Arcangelo Abete e Gennaro Marino nei confronti di Paolo Di Lauro? «Il motivo di fondo era riconducibile al comportamento tenuto dal figlio Cosimo, che lui (Paolo Di Lauro) aveva messo al comando del clan. In particolare loro dicevano che non si sentivano considerati, in quanto le loro piazze di droga non erano state elargite dai Di Lauro, ma loro le avevano curate e fatte crescere economicamente; inoltre essi evidenziavano come solo Fulvio Montanino venisse trattato bene da Cosimo. Ad esempio Genny disse che Cosimo mandava i suoi uomini, ossia dei ragazzi del (rione) Terzo Mondo, a controllare il volume di affari delle sue piazze di droga, fatto questo inaccettabile e che Paolo Di Lauro non aveva mai fatto, ma consentiva al figlio», risponde Antonio Prestieri.
(II – Fine)