I particolari dell’inchiesta Condor
di Giancarlo Tommasone
Vere e proprie batterie, quelle specializzate nel truffare anziani. Avevano messo a punto un sistema che si reggeva sulla tecnica del finto arresto di un parente delle vittime di turno. Le «squadrette» potevano contare su un gruppo di telefonisti (soprattutto donne) che dava la notizia alle persone da raggirare, e sugli «operativi», vale a dire coloro che poi raggiungevano materialmente l’appartamento e riuscivano a farsi consegnare soldi e oggetti preziosi. Quest’ultimo passaggio rappresentava l’unico viatico per la liberazione dei familiari dei truffati.
La modalità seguita
per mettere a segno le truffe
Era tutto falso, naturalmente, falsi gli arresti, falce le centraliniste, falsi i carabinieri, i poliziotti e gli avvocati che si recavano a casa delle vittime per riscuotere il prezzo di libertà fasulle (perché non erano mai stati effettuati fermi). La rete aveva la sua base operativa a Napoli, ma era estesa in tutt’Italia; lo scorso otto novembre, l’operazione Condor ha portato all’arresto di 36 persone (50 in totale le misure di custodia cautelare eseguite, complessivamente 83 gli indagati).
Ieri effettuati cinque
arresti a Melegnano
Ieri, in prosecuzione di detta operazione (i carabinieri di Milano hanno battezzato il blitz Condor 2) sono finite in manette altre 5 persone, a Melegnano, centro della provincia meneghina. Nel provvedimento emesso dal gip di Milano Alessandra Cecchelli ed eseguito dalla squadra antitruffe del Nucleo investigativo, è contestata l’associazione a delinquere finalizzata alle truffe. Sono 18 gli episodi accertati ed attribuiti ai componenti della «sede distaccata» lombarda: in un solo giorno, il 24 novembre 2016, la banda ha commesso due truffe a due anziane per un bottino totale di quasi 200mila euro.
Ingente il volume
economico
dei raggiri portati a termine
su buona parte
del territorio
nazionale
Volumi economici davvero importanti, tanto che si ritiene che l’affare dei raggiri agli anziani, a Napoli, avesse sostituito il contrabbando di sigarette, rispetto al quale era più remunerativo. Ma tornando all’inchiesta Condor, nell’ordinanza a firma del gip Francesco De Falco Giannone, emerge come i gruppi di truffatori facessero capo al clan Contini, temibile organizzazione che confluisce nel cartello dell’Alleanza di Secondigliano. Alla cosca fondata dal boss detenuto Edoardo ’o romano, le batterie di truffatori dovevano corrispondere tra il 30 e il 40% dei loro proventi. A parlare del gruppo Urzini (i fratelli Ivan e Luciano sono finiti in carcere lo scorso otto novembre) è il collaboratore di giustizia Ciro De Magistris. Quest’ultimo, interrogato dai magistrati a maggio del 2016, riferisce che «gli Urzini erano “organici” al clan in virtù delle attività delittuose di contrabbando dei tabacchi svolte per conto del medesimo sodalizio prima di dedicarsi alle truffe».
Le dichiarazioni
del collaboratore
di giustizia
Il particolare, il pentito afferma: «Delle foto che fino a ora mi avete fatto visionare, riconosco senza ombra di dubbio, come a me persona conosciuta, che abita nel mio stesso palazzo, Ivan Urzini Ivan e tutta la sua famiglia. I fratelli Urzini hanno iniziato trafficando sigarette per conto del clan Contini e successivamente si sono dedicati anche alle truffe ai danni dei pensionati sempre con l’appoggio del clan, al quale corrispondono una parte dei profitti di quanto sottratto alle vittime, quantificabile intorno al 30-40%. Queste cose che io ho riferito sono di mia conoscenza in quanto abitiamo nello stesso palazzo sito in via Sant ‘Antonio Abate, che è come un bunker».
Un «fortino» in cui si scambiano
conversazioni,
che però non devono
uscire all’esterno
della «roccaforte» della cosca
«Noi sentiamo tutte le conversazioni e conosciamo tutto di tutti. Quando mi affaccio alla finestra del mio appartamento io sento tutte le conversazioni dei miei vicini», continua De Magistris che mostra una foto della finestra del suo appartamento che «è del tutto contigua all’abitazione della famiglia Urzini in particolare della madre (dei fratelli Urzini)», è riportato nell’ordinanza. «Tra di noi vi è un vincolo di assoluta riservatezza per cui tutti i condomini sono liberi di parlare nella consapevolezza che nulla uscirà. I personaggi di immediato riferimento per gli Urzini appartenenti al clan Contini, sono Ettore Bosti, figlio di Patrizio, responsabile dell’intero clan Contini, Giuseppe Amendola detto Peppe ’o guaglione responsabile del clan Contini, Antonio Aieta (cognato dei boss Edoardo Contini, Patrizio Bosti e Francesco Mallardo), reggente responsabile supremo di San Giovanniello di Piazza Carlo III del clan Contini, Nicola, reggente e responsabile del clan dell’Arenaccia», dichiara il pentito Ciro De Magistris.