La nuova iniziativa annunciata proprio nei giorni del ricordo di Giògiò. Una serie che genera emulazione e che celebra modelli cattivi
di Raffaele Ambrosino
La piattaforma Tv di Sky annuncia in pompa magna una nuova serie che racconta gli antefatti di «Gomorra», un cosiddetto «prequel», in neologismo inglese. E lo fa praticamente in concomitanza con la grande manifestazione che si terrà a Roma, il prossimo 9 ottobre, per ricordare Giovanbattista Cutolo, detto «Giògiò», il giovane musicista barbaramente ucciso da un 17enne lo scorso 31 agosto a Napoli.
Una manifestazione voluta fortemente e annunciata dalla sua mamma, Daniela Di Maggio; un grido di popolo per chiedere, al governo e al Parlamento, che venga approvata una legge da intitolare a Giovanbattista Cutolo, un provvedimento legislativo che preveda finanche l’ergastolo per i killer minorenni. La battagliera mamma, che si batte «contro i modelli che propongono pistole, collane d’oro, musica con contenuti di violenza», sta facendo parlare di se in tutt’Italia. La cosa certa e che non si fermerà se non a risultato ottenuto, anche in nome di tutte le vittime innocenti della criminalità organizzata.
Il cattivo gusto di Sky di annunciare proprio in questo periodo la partenza della lavorazione della nuova serie è già motivo di giusta e sacrosanta polemica. Probabili che alcuni striscioni di disappunto saranno esposti durante il corteo di Roma, un corteo che si prevede molto qualificato e partecipato. Dopo i recenti omicidi di innocenti per mano di baby camorristi, tra gli ultimi quelli di Francesco Pio e di Giògiò, «Gomorra» è stata messa nuovamente e fortemente sul banco degli imputati, come una delle concause sociali della recrudescenza criminale giovanile.
Le critiche alla serie televisiva
La serie televisiva offre una «rappresentazione folcloristica e pericolosa della camorra, rischiando di far apparire la criminalità organizzata come un’associazione qualsiasi e incorrendo nel pericolo di emulazione», lo hanno detto magistrati impegnati nella lotta contro la criminalità organizzata, tra cui il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, il capo della Dda di Napoli Giuseppe Borrelli e il procuratore di Catanzaro, oggi di Napoli, Nicola Gratteri.
Le critiche arrivano da tanti settori della società civile, critiche fondate su una fiction televisiva che veicola modelli culturali che influenzano il pubblico, specialmente quello giovane e permeabile ad una narrazione senza filtri che genera simulazione. «Gomorra», insomma, sembra celebrare i camorristi come eroi moderni.
E se Roberto Saviano si difende dicendo che la serie fa sorgere domande sulla realtà e il male, è anche vero che mancano del tutto figure positive e un chiaro confronto tra bene e male e una narrazione più chiara e orientata verso la giustizia. Il notevole business economico di queste serie amate e bramate da un certo pubblico, è tra le ragioni, probabilmente l’unica, che non fermerà queste produzioni e la continua ricerca di nuove serie e nuove puntate che cammineranno sopra il dolore e la disperazione delle vittime vere di camorra e dei loro familiari. The Show Must Go On, lo spettacolo deve continuare.