Lo scalo di Napoli escluso dal Cold Ironing, il presidente dell’Adsp del Mar Tirreno centrale su Fb: spendere tanti soldi per le navi da crociera va di moda
Un piano colossale, da un miliardo di euro, relativo all’elettrificazione delle banchine. Nella lista del Cold Ironing, ci sono 41 scali marittimi, manca il porto di Napoli. Il progetto – cardine del piano di rilancio del Paese, da finanziare con fondi del Next Generation Ue – prevede l’alimentazione delle navi con energia elettrica, da fonti installate presso i moli. Unità da crociera, battelli portacontainer, fino ad arrivare ai traghetti, potranno usufruire del servizio presso i porti che rientrano nel piano, soprattutto per un obiettivo: quello di ridurre le emissioni inquinanti e tutelare il clima.
Ma c’è di più (come emerge dal focus realizzato dal quotidiano Il Sole 24 Ore): in Italia, all’elettrificazione dei porti si lavora già da un anno – tra l’altro già avviato a Genova e a Savona, per una capacità complessiva di circa 30 megawatt -, i nuovi progetti potranno partire già dal 2021, e la loro fase esecutiva rappresenterà il pass necessario per accedere al Recovery Fund. Si stima che la realizzazione delle opere potrà concludersi entro il prossimo lustro, e, per la metà degli scali, addirittura in quattro anni. Tra i porti che potranno godere del servizio ci sono quello di Genova, Civitavecchia, Livorno, Bari, Trieste. Grande assente, annotavamo all’inizio dell’articolo, lo scalo marittimo di Napoli.
Di fronte all’ennesimo fallimento, che cosa scrive il presidente dell’Adsp, Pietro Spirito, intervenendo sulla bacheca Fb della professoressa dell’Università degli Studi di Napoli Parthenope, Marilù Ferrara? «Realizzare l’elettrificazione delle crociere è difficile ed inutile perché le nuove navi sono bi-fuel (a doppia alimentazione, a gas naturale e a benzina, ndr), e quindi molto meno inquinanti», argomenta Spirito. Quando gli si chiede, «e gli altri (porti) perché elettrificano, se non è necessario?», Spirito risponde: «Perché si spendono tanti soldi per l’elettrificazione delle navi da crociera (che non sono nemmeno attrezzate per tale fonte energetica), e questo va sempre di moda».
A ciò si riduce la spiegazione del presidente (mandato scaduto lo scorso 5 dicembre e in attesa di sapere se verrà confermato o sostituito), che non aggiunge alcun elemento tecnico a supporto della sua tesi. C’è da chiedergli: perché uno scalo come Genova, il più importante del Mediterraneo, dovrebbe spendere milioni di euro per una cosa inutile? Che significa «va sempre di moda»? E se quest’opera è inutile, perché Spirito non denuncia tutto alla Corte dei Conti? Perché nei fatti, il presidente dell’Authority di Napoli, sta motivando sui social uno spreco di denaro pubblico.
Una cosa del genere, va da sé, se proviene da un manager che punta alla riconferma del suo incarico, è inaccettabile. Più probabilmente – e potremmo apparire noi maliziosi ad insinuare il dubbio – quello del Cold Ironing è un progetto tutt’altro che inutile, solo che Napoli non è stata presa né verrà assolutamente presa in considerazione. Per quale motivo? Perché lo scalo partenopeo, checché l’autopromozione di Spirito sostenga il contrario, è messo ai margini del sistema produttivo marittimo e portuale non solo delle acque costiere nazionali ma dell’intero Mediterraneo.