di Giancarlo Tommasone
Dopo il caso sollevato dalla nostra inchiesta sul ritrovamento di un «santino» di Pasquale Barra, il superkiller di Raffaele Cutolo, la redazione di Stylo24 ha contattato il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, al quale ha rivolto alcune domande.
Procuratore Roberti, come valuta l’episodio relativo alla produzione in serie di un adesivo con l’immagine di Pasquale Barra che ricalca quella del «Volto Santo»?
Bisogna andare cauti. Innanzitutto, nonostante il ritrovamento sia recente, la produzione del «santino», in virtù di quanto io possa ipotizzare, appare relativa a diversi anni fa. Un periodo in cui la Nuova camorra organizzata era ancora attiva e in grado di sferrare il proprio attacco. Adesso non è più così. Detto ciò non mi meraviglierei se all’epoca, fossero stati prodotti adesivi che recano l’immagine dello stesso Raffaele Cutolo o di altri affiliati alla Nco.
Secondo lei, cosa spinge alcune persone a idolatrare i camorristi?
La camorra ha una storia di 200 anni ed è un fenomeno strutturale piuttosto che incidentale. Con questo voglio dire che è radicata in certi tipi di contesto, rimasti lontani dalla cultura della legalità e dello Stato per troppo tempo. Nei suddetti ambienti si vede il camorrista come colui che si sostituisce in tutto e per tutto all’autorità costituita, come colui che dà lavoro e supporta in caso di bisogno. Naturalmente si tratta di una visione distorta da parte di chi consapevolmente o inconsapevolmente alimenta la figura di questo o quel boss, di questo o quell’affiliato e la ingigantisce fino a idolatrarla.
Nel caso del defunto baby-boss Emanuele Sibillo è stata creata un’immagine vettoriale da riprodurre sulle t-shirt e addirittura sulla pelle dei sodali del clan. Come si combatte contro questo fenomeno?
Non mi stupirei allora, se prima o poi ci imbattessimo nel «santino» di Sibillo. La situazione non è delle più semplici, però ci sono tutti i mezzi per combattere tale tipo di condotta. Viviamo in un’epoca che può dare la possibilità di scegliere e di migliorare, abbandonando i miti negativi che fanno parte di un trascorso vicino o lontano. E’ un lavoro che deve essere svolto da tutti i componenti della società che vuol dirsi civile, ognuno in base alle sue competenze e professionalità. Le istituzioni hanno l’obbligo e il dovere di insegnare a riconoscere ai giovani, anche a quelli che vivono nei cosiddetti contesti difficili, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Quindi, nonostante lei consideri la camorra un fenomeno strutturale, crede che si riuscirà a sconfiggerla?
Certamente. Ci vorrà il massimo impegno, la scelta della legalità sempre e comunque, anche a partire dalle piccole cose, ma la camorra, come le altre organizzazioni criminali è destinata a soccombere. Ritorno sulla questione del consenso, elemento di cui la malavita strutturata non può fare a meno. I primi ad essere fagocitati dalla camorra saranno proprio coloro che l’hanno nutrita attraverso appoggio ideale e materiale.
Quanto ci vorrà?
Faccio mie ancora una volta le parole di Giovanni Falcone: «La mafia non è affatto invincibile. E’ un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine». Non lo so di preciso quanto ci vorrà, so che comunque verrà quel giorno.