di Giancarlo Tommasone
Soldi, concessioni e propaganda: c’è tutto questo sul banco. È la merce di scambio per la liberazione dell’assessore regionale Ciro Cirillo. Appannaggio delle Br il denaro e il riconoscimento di un’azione politica riuscita che ha fatto scendere a patti la Dc con i brigatisti.
Mentre le concessioni, sia in termini che definiremo «giudiziari» (almeno così viene assicurato a Cutolo dal Sismi) che di appalti, sono destinate al padrino di Ottaviano e alla Nco. A Cutolo non serve il denaro, servono gli accordi per i suoi sodali camorristi, a lui in particolare, preme soprattutto lasciare il carcere, magari con una perizia psichiatrica ad hoc che ne attesti la seminfermità.
La storia ci dimostrerà come invece la trattativa Cirillo
sarà la pietra tombale sulla agognata e sperata libertà del boss.
Si è parlato tanto della somma assicurata per la «scarcerazione» di Cirillo. Per quantificarla, ci affidiamo a un documento ufficiale, la relazione approvata dalla Commissione parlamentare antimafia il 21 dicembre 1993. «La somma versata – è riportato nel documento – ammonterebbe a circa un miliardo e mezzo (di lire), raccolto attraverso l’interessamento degli amici di Cirillo e di Antonio Gava. Questi, intorno ai primi di luglio (del 1981, la liberazione avverrà il 24 dello stesso mese) è già perfettamente informato della richiesta di riscatto, come emerge dalla testimonianza dell’ingegner Giuseppe Savarese, imprenditore di Vico Equense e suo amico.
Dalle dichiarazioni del teste Pasquale Acampora (fino a tutto il 1980 vicepresidente del Banco di Napoli), risulta che una parte dei fondi sarebbe provenuta da un contratto di pubblicità a favore di un gruppo di società, che gestivano televisioni locali».
Ma tornando alla trattativa, emerge una vecchia conoscenza
dei Servizi segreti militari, di un uomo coinvolto in più di un mistero
della storia italiana della fine del secolo scorso: Francesco Pazienza.
A conferma ulteriore dell’ultima circostanza, pure una sentenza di appello pronunciata a Napoli il 15 luglio 1993, con la quale Cutolo è assolto dall’imputazione di estorsione ai danni della Democrazia cristiana.
Da detta sentenza risulta che ruolo determinante, nell’ultima fase della trattativa, viene svolto proprio da Pazienza, collaboratore del Sismi, personalmente legato a Giuseppe Santovito (direttore, appunto, del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare), e all’onorevole Flaminio Piccoli, segretario della Dc.
Pazienza torna in Italia dagli Stati Uniti il 20 giugno del 1981,
e stabilisce subito un contatto con l’immobiliarista Alvaro Giardili.
Non è un imprenditore come tutti gli altri Giardili, non solo perché sia impegnato nei lavori di ricostruzione post-terremoto, non solo perché sia considerato il braccio destro di Pazienza, ma pure perché ha contatti con la camorra cutoliana. Alvaro Giardili va dunque inteso come il passepartout per aprire la prima porta. Quella che porterà di lì a poco ad Ascoli Piceno, nel «carcere di Raffaele Cutolo».