Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaetano Costa (trequartista della ’Ndrangheta) in un’udienza del processo Contrada
di Giancarlo Tommasone
Il boss della Nuova camorra organizzata, Raffaele Cutolo (deceduto il 17 febbraio del 2021) aveva un sacco di amici, e pure un’infinità di nemici. In primis, della seconda fazione facevano parte i Corleonesi di Totò Riina che nel 1982 progettano di eliminarlo. A farsi carico della missione di morte, decisa secondo il collaboratore di giustizia Gaetano Costa, dai vertici di Cosa Nostra (leggi pure Totò Riina), nientemeno che Leoluca Bagarella, cognato di ’u curtu, che nel compito di esecutore materiale del delitto avrebbe dovuto farsi aiutare proprio da Costa.
Amicizia nata in carcere
Il rapporto di amicizia tra Bagarella e lo ’ndranghetista messinese – che ricoprirà in seguito il ruolo di trequartista, ossia gestore di una ’ndrina, distaccamento locale della ’Ndrangheta, la massima carica nell’organizzazione criminale calabrese – fiorisce all’interno del carcere di Pianosa, ed è lì che si progetta di ammazzare il capo della Nco. Lo riferisce Costa nel corso di un’udienza – siamo nel 1995 – del processo imbastito nei confronti dell’ex dirigente del Sisde, Bruno Contrada.
Il progetto per eliminare il capo della Nco
«Conobbi Leoluca Bagarella nel carcere di Pianosa, e crebbe tra di noi questa forma di amicizia anche negativa. Si era instaurato un buon rapporto anche molto confidenziale, su argomenti molto delicati che competevano l’eliminazione di qualche nemico». Tra i nemici da eliminare, dunque, anche Raffaele Cutolo. «Lui (Bagarella, ndr) mi aveva anche proposto, che nel caso arrivasse lì a Pianosa, un personaggio, Cutolo, si doveva eliminare. Per sua fortuna a Pianosa non ci arrivò». «Lo avremmo dovuto eliminare materialmente io e lui (Bagarella, ndr), in pratica». Il disegno non riuscì a compiersi, anni dopo Costa inizierà la sua collaborazione con la giustizia. È il febbraio del 1994 quando viene ascoltato dai magistrati della Procura di Reggio Calabria.