di Giancarlo Tommasone
Nello stesso periodo in cui Francesco Pazienza si attiva per la liberazione di Ciro Cirillo, si colloca anche la visita fatta dal generale Pietro Musumeci al senatore Dc, Francesco Mazzola, per riferire a quest’ultimo che l’azione del Sismi è in corso, con buone speranze di successo.
Secondo la Commissione parlamentare risalente a dicembre del 1993, «in realtà Francesco Pazienza continua ad essere in questa fase partecipe della catena di comando del Sismi, che faceva capo a Santovito e che era costituita anche da Musumeci e da Belmonte, entrambi piduisti».
Agli occhi di Vincenzo Casillo, alter ego di Raffaele Cutolo,
Pazienza è l’interlocutore che parla a nome sia dei Servizi
che di alcuni vertici della Democrazia cristiana.
Tra questi, secondo la Corte d’Appello (sentenza pronunciata a Napoli il 15 luglio 1993) ci sarebbe anche Flaminio Piccoli. Per i giudici risulterebbe impossibile, infatti, che l’onorevole Piccoli, allora segretario della Democrazia cristiana, non sappia che si stia trattando e cosa si stia trattando con il padrino della Nco.
«(…) sia perché del sequestro seguiva le vicende e, per sue stesse ammissioni, ne aveva parlato con il generale Giuseppe Santovito, che lo aveva informato dell’interessamento dei Servizi e con l’onorevole Gava, che era capo della sua segreteria e molto interessato alla sorte di Cirillo, e sia per il rapporto che aveva con Pazienza, che era suo collaboratore, frequentava la sua casa e godeva la sua fiducia».
Il Sismi e Pazienza entrano in gioco dopo il fallimento del Sisde,
che pure aveva provato a imbastire la trattativa
con Cutolo, per farlo intervenire sulle Br.
Non si era arrivati a un accordo, poiché il Sisde sarebbe giunto ad offrire soltanto denaro, merce di scambio senza valore per il padrino della Nco, che puntava prima di tutto a lasciare il carcere.
La circostanza del precedente interessamento del Sisde, è confermata anche durante l’incontro del 10 luglio 1981, ad Acerra. Summit nella casa del cutoliano Oreste Lettieri, a cui partecipano anche Alvaro Giardili, l’assessore democristiano di Acerra, Bruno Esposito ed il camorrista Nicola Nuzzo.
Ci sono pure Francesco Pazienza
e Vincenzo Casillo a quella riunione.
Secondo quanto ha dichiarato Cutolo, in quell’occasione, Casillo reca a Pazienza un telegramma che annuncia la liberazione, da lì a una decina di giorni, di Cirillo. Telegramma che era stato inviato precedentemente al boss di Ottaviano dal suo compare e parente, Elio Vaiano.
Ma durante la riunione con i camorristi ad Acerra vengono richiamate le trattative precedenti (quelle del Sisde e quelle iniziali col Sismi), si parla di contatti già stabiliti con esponenti della Dc.
E soprattutto si parla delle promesse
che erano state fatte a Raffaele Cutolo e agli affiliati della Nco.
«Per effetto della trattativa, Casillo e Iacolare continuano ad operare indisturbati. Casillo si muoverà liberamente nel 1981, spostandosi fra Napoli, Ascoli Piceno e Palmi, pur avendo sulle spalle un decreto di carcerazione che veniva ripetutamente sospeso a causa di gravi motivi di salute. Nei confronti di Iacolare era stata invece emessa una misura di sicurezza di sorveglianza speciale, alla quale egli si era sottratto, rendendosi irreperibile. Ma tale irreperibilità non valeva per i funzionari dei servizi che lo condussero con loro ad Ascoli», è scritto nella relazione della Commissione parlamentare antimafia del dicembre 1993.