Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Leonardo Messina allegate agli atti del processo ’Ndrangheta stragista
di Giancarlo Tommasone
Il progetto separatista – di «chiara natura eversiva», secondo i magistrati – è tra i cardini principali su cui ruota l’inchiesta ’Ndrangheta stragista (sfociata nel processo, che la scorsa estate ha portato alla condanna dei boss Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone). Il piano, come ricostruiscono le indagini e un considerevole stuolo di collaboratori di giustizia (oltre ad altri numerosi testi, provenienti da ambienti massonici), era finalizzato alla divisione dell’Italia in tre grandi tronconi, e all’affidamento dello Stato del Sud al controllo di una consorteria composta da mafiosi (soprattutto di cosche siciliane e calabresi), politici compiacenti ed esponenti della massoneria deviata.
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Relativamente alla circostanza, aiutano a fare chiarezza le parole del pentito Leonardo Messina, che interrogato dai pm palermitani (il 3 giugno del 1996) fa mettere a verbale: «Il progetto consisteva nella futura creazione di un nuovo soggetto politico, la Lega Sud o Lega Meridionale, che doveva essere una sorta di “risposta naturale” del Sud alla Lega Nord, ma che, in realtà, era al servizio di Cosa nostra».
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Messina, confermando quanto dichiarato in un precedente interrogatorio, afferma che uno dei protagonisti di detta operazione (quella separatista), sarebbe stato «Gianfranco Miglio, vero artefice dell’operazione politica “Lega Nord”». «Dietro Miglio vi sarebbero però stati, Licio Gelli, Giulio Andreotti e non meglio precisate forze imprenditoriali del nord interessate alla separazione dell’Italia in più Stati», annotano i magistrati nelle carte allegate agli atti del processo ’Ndrangheta stragista.