LA STORIA DELLA CAMORRA L’incontro nel casinò di Barcellona tra l’esponente dei Prestieri e il capo degli Scissionisti
All’epoca, la faida non è ancora scoppiata. Per la fazione avversa al clan Di Lauro non è stato ancora coniato il termine di clan degli Scissionisti; da informative di polizia giudiziaria, si hanno solo notizie frammentarie di un gruppo allontanatosi da Secondigliano e trasferitosi in Spagna. Tutto qui. Eppure la brace cova sotto la cenere dell’astio, e la fiamma è pronta a divampare e a innescare l’incendio. Nell’estate del 2003, uno dei reggenti del gruppo del Rione Monterosa, Antonio Pica (cugino di Antonio Prestieri, e nipote di Maurizio e TommasoPrestieri), affiliato al clan Di Lauro, va in vacanza in Spagna. Con tutta la famiglia.
A Barcellona si incontra con Raffaele Amato (detto ’o Lello), il primo, a separarsi ufficialmente dai Di Lauro. Poi toccherà al cognato Cesare Pagano, lasciare l’area Nord di Napoli, per ritirarsi in penisola iberica e preparare il progetto di rivalsa contro la cosca di Cupa dell’Arco. Pica prova a tastare il terreno, sono «giorni strani», e assai delicati, giorni in cui le fazioni sono indecise sulle scelte da prendere, ponderano attentamente se continuare a subire gli ordini di Cosimo Di Lauro (succeduto alla guida dell’organizzazione criminale, al padre Paolo, impegnato con la latitanza), oppure unirsi alla «corrente» scissionista.
Pica – in seguito passato a collaborare con la giustizia (come i cugini e gli zii) – racconta ai magistrati che lo interrogano: «Incontrai Raffaele Amato nel casinò di Barcellona, era insieme a suo nipote Pagano, che io chiamo Angioletto. Ricordo che lo vide anche mia moglie che però, io feci allontanare. Noi (Pica e Amato, ndr) parlammo in maniera riservata ossia da soli». I due si siedono a un tavolo e cominciano a confrontarsi su quello che accade a Secondigliano, e stando a quanto rendiconta Pica, Amato gli spiega i motivi che lo hanno indotto ad allontanarsi da Napoli.
«Mi disse – afferma Pica – che non era scappato, ma che era andato via da Secondigliano perché in disaccordo con Cosimo Di Lauro, che non era come il padre Paolo. Disse pure che aveva provato a incontrarsi con Paolo Di Lauro, ma che quest’ultimo non lo aveva ricevuto». La sorta di «summit» si conclude con i due che giocano insieme, alla roulette. «Prestai ad Amato 15mila euro, e lui me li restituì dopo tre giorni. Me li fece portare da una persona di sua fiducia, sempre al casinò, dove mi recavo tutte le sere», dichiara Antonio Pica.