L’ex presidente dell’Autorità a Stylo24: soluzioni improbabili che io avevo già scartato. Impossibile realizzare il raccordo ferroviario con Via Ferraris
di Fabrizio Geremicca
A marzo la Corte dei Conti lo ha condannato a risarcire circa trentamila euro per le parcelle troppo care che, secondo le toghe, sarebbero state pagate agli avvocati penalisti dall’Autorità Portuale che presiedeva. Annunciò un libro – Portopoli – al quale sta lavorando. Nel frattempo Pietro Spirito continua a guardare alle vicende dell’Autorità Portuale del Tirreno Centrale, al timone della quale ora c’è Andrea Annunziata, con occhio attento e spesso critico. Nei confronti, per esempio, del Documento di Pianificazione Strategica di Sistema approvato alcuni giorni fa, che definisce e indirizza le strategie dei prossimi anni degli scali marittimi di Napoli, di Salerno e di Castellammare di Stabia. «La mia impressione – commenta a Stylo24 – è che in parte fotografi l’esistente, ma un piano strategico dovrebbe andare oltre, e che in parte progetti molte cose che non si possono fare».
Quali?
«Lo spostamento dei gasieri e dei petrolieri, se ne parla da cinquanta anni ma se non sappiamo dove vanno è una pia illusione».
È previsto anche dal piano regolatore, perché reputa non sia fattibile?
«Èuna ideacondivisibile, ma parliamo del nulla se non diciamo prima dove dovrebbero essere dislocati questi impianti. Non è l’unico progetto da libro dei sogni del Documento di Pianificazione, peraltro».
Quali sono gli altri?
«Un’altra cosa che non si tiene e mai si farà è il raccordo ferroviario con via Ferraris in sopraelevazione o in interramento. Anche di questo si parla da decenni, ma non è stato mai realizzato e mai lo sarà per ragioni banali. Se interriamo troviamo il mare e se andiamo in sopraelevazione la parte ferroviaria necessita di una rampa lunga. Vorrei ma non posso, insomma. Quando dissi di trovare un’altra soluzione non mi erro ubriacato, avevo capito che quella della quale stiamo parlando anche ora non è percorribile. Un raccordo ferroviario con binari a 350 metri non ospiterà mai un treno, tra l’altro, perché non ci sono i binari in partenza da 350 metri. Bisogna fare manovre in partenza che sono costose ed ammazzano la competitività del trasporto ferroviario. Non è condivisibile neanche l’idea di mantenere la lunghezza di 650 metri del fronte di attracco della Darsena di Levante. Andava bene trent’anni fa, ma nei porti europei che realizzano nuove darsene la lunghezza è di un chilometro, un chilometro e mezzo. Compatibile con le dimensioni accresciute delle navi».
Sul versante ambientale sono previsti rimedi per porre fine alla incredibile situazione degli scarichi fognari all’interno del porto?
«No, ma questo non è un tema che riguarda l’Autorità Portuale. Investe la città, il Comune. Direi piuttosto che, nell’ottica della riduzione dell’impatto ambientale, manca clamorosamente nel documento lo spostamento delle autostrade del mare ad oriente. Camion e merci dovrebbero transitare direttamente dalle autostrade nella zona di movimentazione del porto loro destinata senza transitare per la città. Oggi noi disponiamo di due terminal container: Flavio Gioia e Conateco. Poi nascerà la Darsena di Levante ed avremo un terzo terminal container. Uno dei due già esistenti dovrebbe essere trasformato in autostrada del mare. Manca nel Documento di Pianificazione Strategica anche la previsione di un deposito Gnl».
In verità c’è una fortissima opposizione di comitati e residenti di San Giovanni e della zona orientale ad ospitare anche questo impianto, oltre ai depositi, alle raffinerie ed a tutto ciò che nei decenni ha trovato spazio nella periferia orientale. Non crede che sia positivo che il documento non preveda il Gnl nel porto?
«Non si dice nulla del Gnl ed è una sciocchezza. Tutta Europa insiste affinché si proceda con la de carbonizzazione, ma come facciamo se non predisponiamo serbatoi per carburanti meno inquinati come il Gnl, che ha contenuti di Co2 molto minori rispetto ai combustibili tradizionali delle navi? Ho letto tempo fa che l’Autorità Portuale starebbe ipotizzando di realizzare un deposito galleggiante. Ci pensai pure io, ma avevo scartato questa possibilità perché il deposito sarebbe stato poco capiente. In ogni caso nel Documento di Programmazione non si parla proprio di Gnl, né a terra né a mare».
Non si parla neanche della tanto attesa elettrificazione delle banchine che permetterebbe alle navi che sostano in porto di spegnere i motori, abbattendo l’inquinamento. Perché, secondo lei?
«Tra le tante criticità, questa della mancanza di un programma per l’elettrificazione non esiste. È un sistema doppio, che per funzionare necessita di impianti a terra e di dispositivi a bordo delle navi. Prima di procedere con l’elettrificazione delle banchine, occorre una riforma che preveda tariffe incentivate per gli armatori che predispongano le navi con dispositivi idonei ad alimentarle di energia elettrica all’interno del porto. L’energia elettrica durante il giorno costa molto più del petrolio e per questo gli armatori non adeguano le navi in maniera che possano utilizzarla. Senza tariffe incentivate si corre il rischio che si ripeta quanto accaduto a Livorno. Le banchine sono elettrificate, ma le navi continuano ad utilizzare il petrolio per far funzionare gli impianti di bordo. Gli armatori non sono benefattori, pensano al profitto. Illudersi che vadano contro i propri interessi in nome dell’ambiente, senza alcun tornaconto o comunque vantaggio economico, è da ingenui».