di Giancarlo Tommasone
L’inchiesta sulla corruzione che si è abbattuta sull’Autorità portuale di Napoli (sei persone agli arresti domiciliari e una ventina di indagati) ha fatto scattare misure precauzionali da parte dei vertici di Piazzale Pisacane. Con un ordine di servizio, è stata attuata una manovra di rotazione (presso gli uffici dell’ente) che riguarda le persone i cui nomi sono finiti nel registro degli indagati.
Nel frattempo
i fari della Procura
continuano a restare accesi,
per fare
massima luce
su una condotta
che ha avuto, per diversi anni,
serie ripercussioni
sullo scalo partenopeo
Il primo a squarciare un velo sulle presunte attività illecite perpetrate al porto, è stato l’ex funzionario dell’Authority, Giancarlo D’Anna. Il 4 maggio del 2017, con dichiarazioni spontanee, ha fornito elementi utili agli inquirenti per ricostruire il giro corruttivo e risalire ai protagonisti di un sistema che agiva per pilotare gare e ottenere appalti, dietro l’elargizione di tangenti. In diverse occasioni abbiamo parlato di quello che viene considerato da investigatori e magistrati, il «desu ex machina» di detto sistema, l’imprenditore Pasquale Ferrara (ai domiciliari dallo scorso 27 maggio).
Il ruolo dell’imprenditore
Pasquale Ferrara
Le ammissioni dell’ex funzionario
Giancarlo D’Anna
Dall’ordinanza prodotta dal gip Federica De Bellis, si evince pure come Ferrara e suo fratello Mariano, oltre alle imprese in chiaro, fossero titolari pure di altre ditte (intestate a prestanome), una di queste è la Ilmed srl. La stessa che il 22 marzo del 2016, si aggiudica l’appalto per la «realizzazione della sede stradale che dal Piazzale Carmine attraversa Via dei Bacini, Via del Lavoro portuale e Viale Vesuvio». Di quel progetto, è rup (responsabile unico del procedimento) Giancarlo D’Anna.
Ma perché un imprenditore decide di ricorrere a un prestanome per una sua azienda? Per diversi motivi, per quel che riguarda il caso preso in esame dall’inchiesta in oggetto, argomentano gli inquirenti, pure per avere un’altra ditta da far partecipare alle gare da vincere, aggirando ad esempio i paletti della turnazione.
Le ditte intestate
a prestanome
Del resto che la Ilmed fosse riconducibile ai fratelli Ferrara, emerge pure da una perquisizione presso l’abitazione di Pasquale Ferrara. Gli investigatori trovano, tra gli altri documenti, due scritture private, «nelle quali sono indicate – è riportato nell’ordinanza – tutte le società (una ventina) di Pasquale e Mariano Ferrara intestate a prestanome: tra questa società vi è la Ilmed srl».
La perquisizione, il ritrovamento
della lista con le imprese gestite
(solo sulla carta) da «teste di legno»
Il dato è pure confermato da una serie di conversazioni intercettate, da cui emergono chiari elementi che provano «sia la gestione della Ilmed da parte di Pasquale Ferrara, sia la connivenza di Giancarlo D’Anna, che scientemente e consapevolmente si interfaccia con la Ilmed, attraverso Mariano e Pasquale Ferrara, sapendo benissimo che l’amministratore della società (Giampiero M.) è un mero prestanome». Che l’amministratore della Ilmed sia fittizio, dunque, si evince inoltre, dalla conversazione che avviene tra Mariano Ferrara e il titolare di una impresa che deve recarsi al porto per una posa di asfalto nell’ambito dei lavori che si è aggiudicata proprio la Ilmed. Parlando del titolare di quest’ultima impresa, Mariano Ferrara afferma: «Quello è una testa di legno». Facendo chiaramente intendere al suo interlocutore che la ditta di cui stanno discutendo è gestita da lui (Mariano) e dal fratello Pasquale.