di Giancarlo Tommasone
L’inchiesta che ha interessato lo scalo partenopeo e l’Authority di Napoli, lo scorso 27 maggio, ha fatto emergere presunte illecite assegnazioni di appalti dietro il versamento di tangenti; Stylo24 ha raccolto sul caso, le considerazioni del presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centrale, Pietro Spirito.
L’inchiesta su un presunto giro corruttivo allo scalo marittimo di Napoli, ha portato a sei arresti e a indagare anche dipendenti dell’Authority, tra i quali l’ex segretario generale. Cosa è cambiato dal 27 maggio scorso? Sono state messe in campo delle misure organizzative per evitare il ripetersi di episodi come quelli contestati dalla magistratura?
«Le inchieste della magistratura, se si ricostruiscono i fatti nel loro flusso cronologico, sono iniziate precedentemente, ed avevano già condotto ad altri provvedimenti, anche da parte dell’Autorità».
Lei, è bene chiarirlo, non risulta indagato, ma avrebbe dovuto essere ascoltato in Procura, come persona informata dei fatti. E’ stato convocato dai pm titolari dell’inchiesta?
«Per la verità sono io che ho formalmente chiesto di essere ascoltato. Sarà la magistratura a valutare tale richiesta».
Ha dichiarato: l’Adsp del Mar Tirreno Centrale si costituirà parte civile. E poi: la parte dell’inchiesta sugli appalti di manutenzione era parzialmente nota e avevamo adottato dei provvedimenti organizzativi interni per governare il fenomeno. Che tipo di provvedimenti erano stati adottati?
«E’ stato già licenziato un dipendente dell’Adsp che aveva confessato di essere parte del sistema corruttivo: tale provvedimento è stato anche confermato in giudizio. Poi, abbiamo in parallelo effettuato una analisi sulle procedure utilizzate, identificando, sugli appalti di manutenzione del passato, una tendenza agli affidamenti diretti ed al frazionamento dei lavori: abbiamo introdotto correttivi per superare queste anomalie».

Ha letto le intercettazioni relative alle conversazioni tra dipendenti dell’Authority e imprenditori?
«Ho letto gli atti».
Cosa ha provato quando ha appreso delle parole di persone che, secondo l’accusa, si sarebbero “spartite” appalti e avrebbero pilotato gare, grazie al presunto intervento di dipendenti dell’Autorità portuale?
«Ovviamente, ho provato molta amarezza. Quando si lavora per tutelare l’interesse generale, come fanno la larghissima parte dei dipendenti dell’Autorità, si prova sempre rabbia per le ombre che, per il comportamenti di pochi, si riverberano sul lavoro serio di tanti».
E’ stata intercettata anche una sua conversazione. Avviene il 15 dicembre del 2017. Al centro della discussione che intrattiene con Maria Teresa Valiante, la firma per la concessione del manufatto “ex Cogemar” alla Ttt Lines. Perché ha chiamato Valiante (una semplice dipendente), e invece non ha chiamato direttamente Emilio Squillante (che dal 31 gennaio 2017, rivestiva il ruolo di dirigente dell’Ufficio Demanio dell’Adsp)?
«Capita molto spesso, e non credo solo a me, che occorra ricordare l’urgenza di concludere procedimenti amministrativi. Voglio sottolineare che, all’atto del mio insediamento, ci siamo trovati di fronte alla necessità di completare una consistente quantità di procedimenti amministrativi rimasti inevasi nel corso degli anni. Ho parlato in quel caso – uno dei tanti originanti dal passato – con Maria Teresa Valiante, come mi capita di fare con altri funzionari dell’Autorità, per dialogare direttamente con chi sta seguendo un determinato iter».
Quanto ha influito l’inchiesta, sull’umore del Palazzo dell’Autorità portuale?
«Quando persone perbene, che svolgono con serietà il proprio lavoro, vedono messo in discussione l’operato di parte dell’attività della propria istituzione per effetto del presunto comportamento di pochi, si prova inevitabilmente amarezza».
Che aria si respira adesso a Piazzale Pisacane?
«C’è voglia di dimostrare con i fatti che continua un percorso di cambiamento e di rinnovamento».