L’Italia si è messa fuori da sola e non si rischieranno caroselli tra vento e gelo
di Mario Polese
Tra pochi giorni inizia l’edizione del mondiale di calcio più pazza della storia. Non con il sole torrido nelle piazze ma con il freddo, la pioggia, la nebbia e forse anche un po’ di neve. Si stravolge completamente l’immaginario: non ci saranno maxischermi in giro ma le partite si seguiranno rigorosamente in poltrona o al massimo in pizzeria. Certo l’Italia ha «risolto» tutto facendosi eliminare alle qualificazioni per mano della Svizzera ai gironi e poi dalla Macedonia (non esattamente il Brasile di Didì, Vavà e Pelè) agli spareggi. Nessun rischio dunque di raffreddore per i tifosi costretti magari a fare caroselli per le strade gelate.
Ma le stranezze non sono solo climatiche e nemmeno legate all’assenza dell’Italia «pallonara» che per la seconda volta consecutiva non sarà della più grande kermesse sportiva del mondo. L’edizione del 2022 sarà quella che verrà ricordata per essere stata la prima ospitata in una nazione mediorientale e non in Europa o Sudamerica e quella che almeno fino al fischio iniziale dell’arbitro avrà suscitato più polemiche e critiche. E il rischio è che la cronaca delle prossime settimana sarà farcita più da ulteriori polemiche che dalle imprese calcistica dei vari fuoriclasse che pure calpesteranno i prati di erba verde del Qatar.
Sullo sfondo una scelta politica ed economica dettata solo da interessi globali «superiori»
Perché il Qatar tutto è tranne che un Paese noto per la sensibilità sportivo dello tanto meno di quello più popolare del mondo. Doha, la capitale, è una città ricchissima dove ci sono più Mercedes e Ferrari che utilitarie (ammesso che ce ne siano davvero). Il Qatar è Paese di sceicchi, di petrolio e fino a qualche anno fa solo di palme, deserto e cammelli. Ma soprattutto è una nazione in cui i diritti non sono garantiti.
In particolare quelli sulle tutele dei lavoratori e della libertà di orientamento sessuale. Basti pensare che una indagine giornalistica del Guardian ha svelato che negli ultimi 10 anni ci sarebbero stati addirittura 6.500 morti sul lavoro. Molti dei quali impegnati nella costruzione di stadi appunto per il mondiale di calcio e infrastrutture a esso collegato anche se i dati ufficiali rilasciati dal comitato qatariota organizzatore del mondiale parlano di soli 38 decessi legati alla realizzazione degli stadi di calcio.
Per quanto riguarda la situazione dei diritti delle persone di orientamento Lgbt invece sono all’ordine del giorno denunce da parte della associazioni internazionali per arresti e violenze proprio nei confronti di queste persone. Per quanto riguarda la condizione femminile invece il Qatar è un po’ più avanti rispetto ad altre nazioni limitrofe ma comunque per legge qualsiasi deve avere il permesso di un tutore uomo per potersi sposare e dopo è legata a una serie di obblighi ferrei: deve ottenere il permesso del marito per viaggiare, lavorare e addirittura anche per ricevere delle cure.
Il mondo globalizzato e sempre più social
Tutto questo però per un mese verrà congelato sperando nelle accelerazioni di Mbappè, nei dribbling di Messi e Neymar e nei bolidi di Cristiano Ronaldo. E’ lo specchio di un mondo globalizzato e sempre più social dove ogni realtà non ha una sola faccia. Dove l’immagine conta quanto la sostanza e dove i principi troppo spesso possono essere barattati da interessi politici ed economici troppo grandi per essere «compresi» dalla gente comune.
Quella che in definitiva non ha scelto ancora se evitare di guardalo, questo mondiale, perché non ci sarà un Paolo Rossi o un Fabio Cannavaro e nessuna notte magica azzurra oppure adattarsi al mainstreaming o adattarsi in poltrona e tifare per gli eroi dell’era contemporanea che non hanno talloni deboli perché imbottiti da scarpette milionarie e difesi da sponsor milionari.
Mario Polese
Vice Presidente Consiglio Regionale Basilicata