Varriale a Stylo24: «Per rispettare le quote c’è bisogno di capacità amministrativa»
Da qui al 2026 la partita del Pnrr sarà fondamentale per lo sviluppo del Sud e, di conseguenza, dell’Italia a cui l’Europa ha assegnato ingenti fondi per il recupero dei divari economici e sociali tra le aree più sviluppate e quelle più in difficoltà. Il Governo ha stabilito in un decreto che al Mezzogiorno debbano essere assegnati e spesi almeno il 40% di questi fondi ma fino a ora non sembra andare tutto secondo programma. Ben 7 ministeri, secondo quanto riportato dal Mattino di ieri, sarebbero al di sotto di questa soglia con il Ministero dello Sviluppo economico e del Turismo lontani anche dal 30%.
L’analisi dei bandi
Il problema, sottolinea Esposito sul giornale partenopeo, è che analizzando 28 bandi (per complessivi 16,2 miliardi) solo in sette casi c’è una regola che riassegni al Mezzogiorno eventuali somme non richieste, mentre per gli altri 21 c’è lo scorrimento delle graduatorie indipendentemente dalla localizzazione oppure non si è disposta alcuna modalità di salvaguardia della quota Mezzogiorno sulle risorse non assegnate per carenza di domande ammissibili. La necessità quindi è di capire come le regioni possano evitare di perdere l’occasione presentata dal Pnrr. Ma quali sono le difficoltà che mettono a rischio i fondi del Pnrr al Sud? «Le problematiche sono di duplice aspetto» afferma Salvatore Varriale, ex direttore dei fondi europei della Regione Campania, a Stylo24.
«La struttura del Pnrr – spiega – è composta da una cabina di regia presso la presidenza del Consiglio, una segreteria tecnica poi ogni ministero ha un’unità di missione. C’è un decreto che fa un riparto dei 191 miliardi del Piano e assegna un importo a ogni ministero in base alle gare di cui si deve occupare. Per esempio il Ministero della Transizione Ecologica, che ha avuto le maggiori risorse, deve fare tutta una serie di gare, con evidenza pubblica, per affidare questi soldi. C’è un decreto che stabilisce che per il Mezzogiorno devono riservare il 40% della spesa. Come giustamente ha rivelato il Mattino i ministeri non hanno rispettato questa quota ma è ovvio che la devono recuperare con i bandi successivi entro il 2026. Ma già entro il 2023 dovrebbero recuperare perché ci sarà il primo step».
Poi però i fondi bisogna saperli spendere
«La seconda problematica – afferma Varriale – investe la capacità amministrativa degli enti locali, se sono in grado di occuparsi di questa ingente spesa. Di questa cosa si sta occupando anche l’Agenzia per la coesione e sta cercando di avviare dei progetti per supportare gli enti locali (Regione, Province, Città Metropolitane, Comuni) affinché una volta recepite le somme siano in condizioni di spenderle. Insomma c’è un problema a monte e uno a valle».
Che cosa manca alle amministrazioni locali (Comuni e Regioni) per poter accedere ai fondi del Pnrr e portare a compimento i bandi? «Manca il personale come prima cosa. Le amministrazioni del Sud sono sottorganico e quindi ovviamente hanno un problema di personale ma anche di risorse e di formazione del personale. Per occuparsi di progetti, di pianificazione, di stazione appaltante, di realizzazione di progetti c’è bisogno che l’ente locale abbia la capacità amministrativa che metta in sinergia vari segmenti per far sì che le cose possano realizzarsi».
Il 40% al Sud è un obiettivo raggiungibile considerate le difficoltà in termini di risorse umane degli enti locali? «Io mi auguro di sì, il ministro Carfagna si sta impegnando molto su questo versante e sta facendo il possibile perché questo si possa realizzare. Obiettivamente però non è semplice»