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Home Inchieste e storia della camorra

Prima le pastarelle, poi la richiesta: così impone il pizzo il clan Contini

di Redazione
11 Luglio 2019
in Inchieste e storia della camorra, Notizie di Cronaca
Tempo di lettura: 3 minuti
Il boss Edoardo Contini al momento dell'arresto

Il boss Edoardo Contini al momento dell'arresto

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di Giancarlo Tommasone

Senza pressarli, «piano, piano», «tanto per loro, 10 euro al giorno non sono niente, sono due pacchetti di sigarette». E’ il piano per il pizzo nel mercatino del Borgo Santo Antonio Abate, zona sotto il controllo del clan Contini. A discutere del progetto, intercettati, sono Antonio Aieta (cognato dei boss Edoardo Contini, Francesco Mallardo e Pastrizio Bosti) e Antonio Grasso. Entrambi risultano tra gli oltre 200 indagati dell’inchiesta condotta contro l’Alleanza di Secondigliano.

Il racket del pizzo
esercitato
nei confronti
degli ambulanti
del Borgo Sant’Antonio Abate

Scrive il gip Roberto D’Auria nell’ordinanza: «Dal sistema estorsivo attuato da Aieta e Grasso, non erano esclusi neanche i rivenditori ambulanti che quotidianamente operano nel mercatino del (cosiddetto) Buvero di Sant’Antonio». Eloquente, al riguardo una conversazione captata dalle forze dell’ordine. Grasso avvisa Aieta, che nel Buvero hanno aperto altre bancarelle, «sono 5 o 6». «Davvero, e chi sono?», chiede Aieta. «Vediamo che dobbiamo fare, dieci euro al giorno ce li possono dare… ha detto mia moglie che sono 30-35 bancarelle (in totale)… sono 12-13mila euro al mese al di fuori dei padroni (delle botteghe, ndr) che ci pagano», afferma Grasso.

La visita con i dolci da parte
degli emissari del clan, poi
la richiesta estorsiva vera e propria

La conversazione verte sul fatto che si sarebbe sparsa la voce che al Borgo, chi gestisce una bancarella, non paga il pizzo, e bisogna correre ai ripari, secondo gli indagati. «Ora si sono messi altri due ragazzi del Connolo (zona del quartiere Poggioreale) – spiega Grasso – Vediamo che dobbiamo fare, uno del Connolo è venuto qui, perché non si paga. Hai capito? Al Buvero non si paga». Al che Aieta, afferma: «Sì… e falli mettere, poi bello e buono arriva la sorpresa». Vale a dire la richiesta estorsiva, che viene anticipata da una «modalità» alquanto singolare: l’emissario del clan si presenta alla vittima con un cartoccio di dolci, «le paste in mano».

E’ il messaggio per far comprendere al commerciante, che bisogna pagare il pizzo. «Hai capito? – continua Grasso rivolgendosi ad Aieta – tanto a loro non gli costa niente, a darci, per esempio, dieci euro al giorno». «Venti, no dieci», propone Aieta. E Grasso: «No, senza pressarli, sono 10 euro a bancarella, 400 euro a testa al mese, sono 30 bancarelle, fratello, sono 12-13mila euro al mese fissi… non li dobbiamo schiattare». Aieta continua a proporre una richiesta più esosa, «20 euro, guadagnano meno di 20 euro al giorno?».

Il piano per chiedere il pizzo:
la proposta di Aieta
e la «linea morbida» di Grasso

Ma Grasso, ribadisce la «linea morbida»: «No, due pacchetti di sigarette al giorno per loro non sono niente… non li pressi… e noi andiamo bene, hai capito?». Secondo quanto dichiarano i collaboratori di giustizia, interrogati sull’argomento, il pizzo dagli ambulanti si ritira ogni sabato, alla fine della settimana «e il denaro confluisce nelle casse del clan Contini e viene usato per pagare le mesate». Inoltre, il pentito Ciro De Magistris dichiara: «I gestori delle bancarelle, in più ricevono il “servizio” di essere aiutati da affiliati al clan per qualche recupero di credito».

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