Nella città-Stato di Luigi de Magistris la convenzione di Schengen sulla libera circolazione delle persone non vale per tutti. Quelli che sono invisi ai «guardiani» della rivoluzione arancione non possono infatti venire a Napoli, non ci possono sostare, non ci possono organizzare manifestazioni, non ci possono nemmeno tenere un comizio. Nel marzo scorso, a Matteo Salvini fu vietata la Mostra d’Oltremare per un incontro con gli elettori, e dovette intervenire d’autorità il ministro dell’Interno per fargli aprire le porte della struttura di Fuorigrotta. Ne nacque una guerriglia urbana tra i centri sociali e le forze dell’ordine che terminò con una dozzina di divise ferite e danni per centinaia di migliaia di euro nel quartiere. Ieri, però, non c’è stato il colpo di scena finale, e il «Bus della libertà», che sta girando l’Italia per protestare contro l’ideologia gender, non ha potuto parlare ai napoletani in quanto il Comune ha cancellato il permesso precedentemente concesso senza alcuna plausibile spiegazione.

Scortato dagli agenti della Digos sin dal casello, il pullman è riuscito solo ad attraversare la città per giungere a Piazza Trieste e Trento dove però la polizia municipale ha intimato il dietrofront. «Il nostro bus è rimasto però fermo per circa un’ora per esprimere disobbedienza civile nei confronti della revoca di natura ideologica – raccontano i promotori dell’iniziativa, CitizienGo e Generazione Famiglia – insieme a decine di manifestanti che hanno circondato il mezzo al grido di “Libertà! Libertà!”». Il mezzo – un «turistico» da 52 posti interamente ricoperto dall’enorme scritta a caratteri cubitali «I bambini sono maschi e le bambine sono femmine» – ha abbandonato il presidio solo quando si è sparsa la notizia che i centri sociali stavano raggiungendo la piazza con intenti violenti. Centri sociali che sono ormai diventati gli azionisti di maggioranza dell’Amministrazione arancione guidata dall’ex pm d’assalto di Catanzaro. Liberatisi del controllo del sindaco, che li ha utilizzati come piattaforma elettorale nel primo mandato e in occasione della riconferma un anno fa, i movimenti si stanno organizzando come vera e propria struttura politica sotto la sigla di «Ndo» («Napoli, direzione opposta») con ambizioni addirittura sindacali alla prossima tornata amministrativa.

Parla di censura «feroce e ottusa» il senatore Carlo Giovanardi. «Gli atteggiamenti del sindaco de Magistris ricordano i periodi più oscuri della storia del comunismo sovietico e dell’attuale Corea del Nord dove – commenta – si proibisce con la forza ogni forma di pratica religiosa pubblica o di opinioni diverse da quelle del regime». Da Palazzo San Giacomo si affrettano invece a difendersi affidando la replica alla delegata alle Pari opportunità e ai centri antiviolenza, Simonetta Marino, che sottolinea invece la necessità di «un dovuto atto di difesa delle fasce più deboli della popolazione». Solo a tarda serata, Giggino prende la parola per rivendicare la decisione. «Concedere un’autorizzazione, seppur amministrativa, significa condivisione politica e abbiamo deciso di non concedere suolo pubblico, nella disponibilità dell’Amministrazione comunale, a chi pensa esistano solo uomini e donne e non anche trans, gay e lesbiche». Come nella canzone dell’Equipe84: «Tutta mia la città…»
sdm