«Anche quando sai di perdere, devi batterti lo stesso. Perché l’importante non è vincere o perdersi: è battersi» (Alekos Panagulis)
Alekos Panagulis, simbolo della resistenza contro il regime dei colonnelli in Grecia, fu incarcerato e condannato a morte dopo un attentato fallito contro il dittatore Papadopulos nell’agosto del 1968. Dopo la sospensione della condanna a morte trascorse in carcere cinque anni in condizioni durissime, prima di tornare in libertà, partecipare in maniera attiva alla vita parlamentare del paese e morire in un misterioso incidente d’auto appena due giorni prima della presentazione in Parlamento di documenti che certificavano rapporti collusivi tra il governo della nuova Grecia democratica e il passato regime.
Ovviamente ammetto che, prevenendo sacrosantissime obiezioni, il citare un eroe
della Libertà in un editoriale sul calcio,
materia risibile, non è ardito
È semplicemente sbagliato e inopportuno. Il Napoli non è Panagulis, e la Juventus non è il regime dei colonnelli. Il calcio è un gioco. La libertà è il Bene per eccellenza, la dittatura Il Male per eccellenza. Il parallelo quindi neanche nasce, eppur si intravede nel desiderio mai esaurito del Napoli di battersi.
Desiderio inesausto nelle gambe e nella testa di questi ragazzi vestiti di azzurro, almeno quanto quello di quel fantastico uomo ellenico, mirabilmente raccontato nel libro di Oriana Fallaci, «Un uomo». Battersi sempre, con il Comandante Sarri o con Carlo Ancelotti, l’uomosaggioeserenocheovunquehatrionfato.
Battersi a dispetto della altrui bulimica superiorità. Battersi anche contro i media e il governo calcistico che sottovalutano il fenomeno Napoli. Nella serata in cui i nostri eroi compiono la straordinaria impresa di vincere in casa dell’ostica Atalanta, a Milano si assegnano i premi per la stagione passata. La stagione 2017/2018, stagione in cui con una fantastica cavalcata il Napoli ha vinto lo scudetto senza poterlo festeggiare causa furto a mano armata di giallo arbitrale vestita.
Nella serata in cui il Napoli, con qualità tenacia e perseveranza, salva il campionato e l’intero sistema calcio da noia dovuta a fuga solitaria ancor prima che arrivi l’inverno,
altrove si prova a cancellare la Bellezza. E lo si fa laddove invece si dovrebbe costruire un monumento bardato di azzurro in onore di chi tiene viva la competizione massima del calcio italiano da quattro anni. Nella formazione definita impropriamente Top 11 dello scorso campionato, il solo giocatore presente del Napoli scudettato è Koulibaly. Dimenticati Allan, Callejon, Jorghinho.

Il premio come miglior allenatore dell’anno assegnato all’ottimo Massimiliano Allegri, della cui squadra non si ricorda una sola partita memorabile che sia una, fatta eccezione per quella di Milano con l’Inter, memorabile solo e
soltanto per il furto perpetrato. Terrorizzati di lasciar in giro tracce mediatiche che potrebbero consentire di tramandare ai posteri la Bellezza, i votanti hanno addirittura deciso di assegnare il premio come miglior goal dell’anno ad una realizzazione di Mauro Icardi, dimenticando l’abbacinante luce che ha regalato al mondo la stella cometa di Ciro Mertens contro la Lazio all’Olimpico, o il tocco magico sempre di Ciro al termine di una azione fantastica nella partita di ritorno contro la stessa Lazio.
Tocco magico, ineluttabile nota finale di una sinfonia di squadra raramente vista su un campo di calcio (vedi editoriale Palcoscenico Azzurro del 15 febbraio 2018, chiedendo perdono per l’autocitazione). Dimenticati e soggetti a impropria cancellazione noi, eterni Paperino, continuiamo a batterci. Perché nel battersi sempre e comunque c’è l’essenza. Perderemo ancora. Otto punti di distacco dalla vetta sono tanti. Ma, mi dispiace per Loro Tutti (le maiuscole usate sono assolutamente di natura dispregiativa), non molleremo. E ci batteremo ancora e ancora. Perché, sempre chiedendoGli scusa, dalla prigione di Boiati nel febbraio del 1972, Panagulis scriveva «Promessa»:
Le lacrime che dai nostri occhi
vedrete sgorgare
non crediatele mai segni di disperazione
Promessa sono solamente
Promessa di lotta.
Azzurramente, Peppe Miale