L’ex capogruppo in consiglio regionale ha le idee chiare: «Situazione inevitabile. De Luca ha un suo partito ma continua a dare le carte»
Nell’assemblea regionale del Pd ormai regna il caos. Dopo le dimissioni di Gennaro Oliviero e di Umberto Del Basso De Caro si è scatenato un vero e proprio effetto domino con numerosi consiglieri che hanno rassegnato i propri mandati. Al momento i componenti sono 117, al di sotto dei 120 necessari per eleggere il nuovo segretario regionale dopo le dimissioni Leo Annunziata. «È l’ennesimo episodio sconcertante che accade nella vita democratica del Pd» afferma a Stylo24 Giuseppe Russo, ex capogruppo in consiglio regionale dei Dem. «Stiamo parlando – aggiunge – di un organismo che si è riunito poco, a volte ha assunto aspetti puramente coreografici. Le decisioni, spesso, vengono prese in altri luoghi, tra gruppi estremamente ristretti che con il tempo si sono ristretti ancora di più e siamo quasi finiti in una gestione monocratica del partito».
A molti le dimissioni sono sembrati un atto di protesta contro De Luca e il nome proposto per la successione di Annunziata. «I fatti parlano da soli. Aldilà di quello che può essere l’insoddisfazione di chi fa parte di organismi che non deliberano mai su niente, che non intervengono nella vita democratica di un partito, che non partecipano a un processo di costruzione delle decisioni politiche. Indipendentemente da tutto ciò, è evidente che la lettura di quanto sta accadendo è anche una sorta di presa di distanza dai metodi del governatore. Il quale pur avendo una formazione politica tutta sua dà ancora le carte e decide. Cosa inspiegabile» sottolinea l’ex capogruppo.
La surruga dei consiglieri dimissionari
Landolfi sembra aver chiesto al Pd nazionale di sostituire i consiglieri dimissionari richiamando nell’assemblea i candidati non eletti nel 2019. «Siamo alla follia – sottolinea -, lei si renderà conto che come spesso accade le tragedie rischiano di fine in farse. È contro ogni buon senso. È un’ulteriore contorsione, è ovvio che si vive un disagio politico. E il disagio politico si affronta, non esiste la graduatoria a scorrimento. Non è degno di un partito che governa la città e la regione. Non è degno, non faccio più parte del Pd, le mie sono riflessioni di cui nessuno può tener conto e non invito a tenerne conto, però c’è un limite alla decenza. Con questo sistema, quando scorrendo la graduatoria si dimetteranno tutti che faranno? I primi che si avvicineranno alla sede regionale verranno coptati?»
La risoluzione dei problemi
Come si è arrivati a tutto ciò? «Quando un organismo rinuncia al confronto, alla democrazia interna, al dibattito per conformismo, per opportunismo, per subalternità, per debolezza alla fine la deriva è assicurata. Tutto deperisce e comincia ad assumere forme e contorni abbastanza sgradevoli. I problemi si affrontano e discutono. Si cerca di trovare soluzioni. Quando invece è tutto appeso alle decisioni di un singolo…»
Il pluralismo in consiglio regionale
Anche in consiglio regionale non sembra esserci molto pluralismo. «In questo momento non so dire in che forma o in che modo, ma non mi pare che il consiglio regionale goda di una buona salute». Il governatore ha una maggioranza bulgara. «Questo non significa che le maggioranze, proprio perché bulgare, affrontano i problemi e trovano nuove forme per poterle risolvere. Si rischia la stagnazione, il conformismo, che ci sia accondiscendenza gratuita, non è mai una buona notizia, io credo sempre che il dibattito tra maggioranza e opposizione sia un elemento vitale perché arricchisce la visione delle cose perché presenta un numero di soluzioni che possono in qualche modo compararsi e valutarsi. Quando manca tutto questo non è un segno di salute. È un segno di debolezza»