LA STORIA DELLA CAMORRA Il tentativo di «inquinare» la collaborazione con la giustizia di Luigi Giuliano
Prima la linea morbida con le pressioni più o meno velate, l’offerta di denaro, di protezione alla famiglia, poi quella dura, con le minacce e le aggressioni nei confronti dei parenti. Tutto per convincere Luigi Giuliano, ex padrino di Forcella, ad accusare altri camorristi. Ma da chi gli sarebbero venute queste proposte? A spiegarlo, in aula, nel corso dell’udienza del 13 dicembre 2005 (del processo imbastito nei confronti di Salvatore Giuliano) è lo stesso pentito. «Confermo quanto ho dichiarato in precedenza, una prima richiesta del genere, in un periodo in cui, dovevo ancora cominciare a collaborare, venne fatta da Gennaro Mazzarella. La proposta non mi fu fatta personalmente, perché io ero in carcere, ma fu avvicinata mia moglie, alla quale fu lasciata l’ambasciata con l’offerta di soldi, protezione, e perfino di un appartamento. Cose che avremmo ottenuto, nel caso io avessi accusato i camorristi che loro volevano far colpire dalle forze dell’ordine», racconta Luigi Giuliano.
Le proposte per convincere l’ex padrino di Forcella
«Di questa prima proposta – spiega ancora il pentito – venni a sapere soltanto dopo la mia decisione di collaborare con lo Stato, nel periodo in cui avevo lasciato il carcere. Me lo disse mia moglie». «Arrivarono, in seguito, e quando lei era già collaboratore di giustizia, altre offerte del genere? Se sì, da parte di chi? E a lei direttamente?», chiede il presidente della Corte. «Sì», risponde Giuliano. Che poi racconta: «In una occasione, arrivò anche la proposta di Paolo Di Lauro, dettoCiruzzo ’o milionario, che avvicinò Vincenzo Mazzarella a cui diede un miliardo di lire. I soldi li portarono a Forcella i Mazzarella (Giuliano parla di Gennaro e Vincenzo, ndr), in una valigia, ma quando poi capirono che la mia collaborazione era pura, compresero pure che non mi sarei prestato a questo gioco e rispedirono l’offerta al mittente. Naturalmente la proposta non mi fu fatta direttamente, perché io ero già sotto protezione». «Anche altri gruppi provarono a ‘corrompermi’ e a indirizzare la mia collaborazione, ad esempio i Mallardo, i Lo Russo, i Licciardi. Ma non ci fu niente da fare. Si tentò di convincermi anche con minacce e facendo picchiare i miei parenti, ma non cambiai strada», sottolinea il pentito.
(Per la redazione dell’articolo sono stati consultati anche documenti audio di Radio Radicale, caricati sul canale YouTube Spazio70)