Gli inquirenti vogliono ricostruire le mosse di Alessandro Impagnatiello per la premeditazione
Domani si terranno i funerali di Giulia Tramontano e Thiago a Sant’Antimo, in provincia di Napoli, luogo di nascita della giovane di 29 anni e dove vivono i suoi genitori. Saranno momenti di dolore profondo dopo giorni terribili, come ha spiegato la sorella Chiara, e la famiglia desidera condividerli solo con parenti e amici più stretti.
Nel frattempo, le indagini che hanno portato all’arresto di Alessandro Impagnatiello si concentrano ora sulle fasi precedenti e successive al delitto, ossia la pianificazione dell’omicidio e l’occultamento del corpo. L’inchiesta è condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e della Compagnia di Rho, con la collaborazione dell’aggiunto Letizia Mannella e del pm Alessia Menegazzo, al fine di ricostruire questi due aspetti, «il prima e il dopo», non del tutto chiariti nella confessione del fidanzato trentenne, che ha accumulato una serie di bugie, sia nella vita parallela che conduceva con un’altra donna. Ha affermato di averla uccisa «senza motivo» e «senza rabbia», ma l’autopsia ha rivelato ieri che le ha inflitto almeno 37 coltellate, la prima delle quali è stata letale alla carotide, sgozzandola e impedendole di gridare. Ha dichiarato di aver gettato il telefono di lei «in un tombino», ma non è stato trovato.
Gli inquirenti prendono in considerazione anche le estese ustioni sul corpo di Giulia, che hanno reso impossibile determinare il momento della morte, come un ulteriore elemento per dimostrare che il barista aveva premeditato il femminicidio. Sembra che abbia cercato in ogni modo di «alterare la scena del crimine», cercando di simulare una fuga della giovane dalla loro casa a Senago, nella provincia di Milano, seguita da un possibile suicidio. In realtà, ha raccontato, tra le tante menzogne, anche alla ventitreenne con cui aveva una relazione, che Giulia aveva problemi mentali e voleva farla finita. L’impossibilità di determinare la data della morte, grazie ai suoi tentativi di bruciare il corpo per due volte, potrebbe essere un’altra circostanza che Impagnatiello avrebbe preparato.
Le indagini
La premeditazione rimane il nodo centrale delle indagini, dopo che sono emerse ricerche online effettuate dal trentenne, come quella sul veleno per topi, poi trovato nel suo zaino, o le due digitazioni sospette del 26 maggio, giorno prima dell’assassinio: «disconnettere dispositivi WhatsApp Web» e «WhatsApp Web come uscire». Gli investigatori stanno analizzando attentamente decine di telecamere tra Senago e Milano per tracciare gli spostamenti del trentenne nei giorni che hanno preceduto quella fatidica sera in cui Giulia è tornata a casa dopo l’incontro con l’altra donna, con cui aveva stabilito un legame di «solidarietà».
Attraverso l’analisi forense delle copie dei dispositivi, verranno esplorate ulteriormente le ricerche sul web, i contatti e i dialoghi significativi di Impagnatiello. Rimane da stabilire, passo dopo passo, cosa abbia fatto il giovane dopo aver ucciso la fidanzata: se ha davvero tenuto nascosto il corpo tra cantina, box e bagagliaio dell’auto per tre giorni prima di gettarlo in via Monte Rosa, in un’intercapedine vicino a dei box.
Le indagini si incroceranno con quelle volte a individuare eventuali complici che potrebbero aver aiutato il trentenne nel nascondere il cadavere o nel ripulire tutto. Al termine di questa fase dell’inchiesta, gli inquirenti potrebbero richiamare la ventitreenne italo-inglese per ulteriori testimonianze. Anche lei, secondo i pubblici ministeri, ha rischiato di essere uccisa: nella notte dell’omicidio, spaventata per la sorte di Giulia, è riuscita a impedire a Impagnatiello di entrare in casa. Nel frattempo, il sindaco Massimo Buonanno ha sottolineato che i funerali di domani a Sant’Antimo, dove è stato dichiarato il lutto cittadino, saranno «una cerimonia strettamente privata».