I racconti dei collaboratori di giustizia non del tutto coincidenti
I racconti di quattro collaboratori di giustizia non sarebbero del tutto coincidenti e il Tribunale del Riesame di Napoli ha annullato la misura cautelare per il ras Gennaro Mazzarella nell’ambito dell’indagine per l’omicidio di Salvatore Lausi, detto Pirulino, ucciso a Napoli il 6 ottobre 2002. Le argomentazioni dell’avvocato Claudio Davino sono state accolte dai giudici. Mancano gravi indizi necessari per la custodia cautelare in carcere. La notizia riportata da Luigi Sannino su il «Roma». Non sono bastate quindi le parole dei «pentiti» Misso, Michelangelo Mazza e Ciro Giovanni Spirito che non sempre sono coincidenti. Confermato invece il provvedimento restrittivo per Michele Mazzarella e Salvatore Barile.
Dalle indagini, condotte dal Nucleo attraverso attività di intercettazione e riscontri a dichiarazioni di collaboratori di giustizia, consentirono di accertare che l’omicidio costituì un’epurazione interna al clan, originata dal fatto che la vittima, incaricata della riscossione delle estorsioni nei quartieri Forcella, Maddalena e Sanità era ritenuta responsabile dell’ammanco di 100 milioni di lire dalla cassa dell’associazione. Inoltre, lo stesso Lausi, secondo gli investigatori, aveva stretto rapporti con Giuseppe Misso, all’epoca capo e fondatore dell’omonimo clan operante nel quartiere Sanità, poi divenuto collaboratore di giustizia, cosa che venne interpretata come volontà di affiliarsi a quest’ultimo, dissociandosi dai Mazzarella, dei quali avrebbe potuto rivelare informazioni riservate.