Investito e ucciso per la prima faida di Scampia, il ras di Secondigliano accusato di essere il mandante del delitto: in manette anche il fratello Nunzio e Antonio Mennetta
di Luigi Nicolosi
Il cold case arriva a un punto di svolta dopo oltre sedici anni di indagini e sulla testa dei killer di Gomorra precipita una nuova tegola giudiziaria. Accusati di aver a vario titolo partecipato all’omicidio di Salvatore De Magistris, questa mattina sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere il boss Marco Di Lauro, il fratello minore Nunzio e il ras della Vanella Grassi, Antonio Mennetta. I tre, secondo le nuove accuse spiccate dalla Procura antimafia di Napoli, avrebbero deliberato ed eseguito il delitto consumatosi il 30 ottobre del 2004, all’alba della prima faida di Scampia, quella che vide contrapporsi il clan Di Lauro al cartello degli Scissionisti, vale a dire gli Amato-Pagano.
Ci sono voluti quasi vent’anni e diversi collaboratori di giustizia per fare luce sulla vicenda, ma dopo il recente pentimento di Gennaro Notturno e Salvatore Tamburrino l’inchiesta ha subito una decisa accelerazione. Dell’efferato assassinio aveva parlato, tra gli altri, il pentito Pasquale Riccio, ex uomo di punta della famiglia Abbinante: «Era il patrigno di Biagio Esposto – affermò parlando di Salvatore De Magistris – era rimasto ad abitare al rione dei Fiori (la roccaforte dei Di Lauro, ndr). Quanto gli successe fu una ritorsione dei Di Lauro. Nunzio Di Lauro e Antonio Mennetta prima lo picchiarono e poi gli passarono sopra con la motocicletta. Lui morì in seguito alle ferite riportate. Come vendetta fu ucciso il padre di Ferdinando Emolo». Marco Di Lauro, e questa è la principale novità, sarebbe stato invece il mandante del delitto.