di Giancarlo Tommasone
Alcuni minuti prima che si scatenasse l’inferno, la zona era stranamente «ovattata», avvolta dal silenzio, quasi come si attendesse qualcosa. In gergo militare si chiama «bonifica dell’area» in cui si sta per agire. C’è bisogno del «vuoto» per operare. Attesa silenziosa per qualcosa di pauroso che poi è accaduto. I killer sono entrati in azione intorno alle 19.30 di ieri nella II Traversa Janfolla a Miano. A cadere sotto i colpi dei sicari Biagio Palumbo (53 anni) e Antonio Mele, che di anni ne aveva 57. Secondo la prima ricostruzione eseguita dai militari della Compagnia Vomero che hanno effettuato i rilievi, i due uomini sono stati intercettati a bordo di una Peugeot 307 bianca, ferma con i fari accesi, come se stesse stazionando per far scendere il passeggero dall’abitacolo.
Alla guida c’era Mele, accanto a lui Palumbo che abitava nei pressi. La dinamica precisa è da ricostruire; tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti quella che i killer abbiano aspettato nascosti, a piedi, e non appena i bersagli si sono materializzati, sono entrati in azione. Li conoscevano bene, conoscevano l’auto, le loro abitudini, conoscevano il posto in cui abitava Palumbo. Almeno due i sicari che hanno aperto il fuoco. Due professionisti. Presumibilmente, la macchina è stata presa da dietro. Il primo colpo, forse, è stato esploso all’indirizzo del lunotto, come a voler destabilizzare gli occupanti dell’auto; poi un killer si è diretto sul fianco destro della vettura e ha inchiodato Palumbo sul sedile mentre quest’ultimo si accingeva ad aprire lo sportello.

Il corpo atteggiato all’inutile difesa, il braccio sinistro sopra quello destro. L’altro killer nel frattempo centrava Mele alla testa. A questo punto il commando si è unito e ha sparato contro il parabrezza; i proiettili hanno fatto scempio dei vetri e dei corpi delle vittime. Per la pulizia finale, quella della certezza della morte. I colpi hanno forato anche il cofano dell’auto. La missione è stata portata a termine in pochi secondi. Concluso il raid, i killer si sarebbero poi allontanati a piedi prima di essere caricati da una vettura o da due moto che li attendevano a breve distanza. Circa una quindicina i bossoli repertati, calibro 9, esplosi almeno da due armi. Sia Palumbo che Mele erano dati come fuoriusciti dai Lo Russo e sodali dei Nappello.

Migrati nella fazione – considerata, dagli investigatori, in seria difficoltà, se non perdente – fondata dal ras Valerio, anche in seguito alle dinamiche venutesi a creare dopo il pentimento dei vertici dei «Capitoni». Proprio nel feudo dell’ex boss Salvatore si è consumato il duplice delitto. Presto, troppo presto, per fare ipotesi sulla paternità del raid. Il quadro potrebbe essere più chiaro nel giro di 24-48 ore, nel caso di una eventuale «risposta». Il pulviscolo dei gruppi creato dall’implosione dei Lo Russo è tale che non si può escludere alcuna pista, alcuna causa, alcuna famiglia. E a Milano di piste, di cause e di famiglie ce ne sono tante.