Venti di faida al rione Salicelle, sei arresti tra i nuovi reggenti. Il gruppo Sasso-Parziale schiacciato dalle intercettazioni: «Tieni sempre problemi con il “nennillo”»
Il clan Moccia cambia pelle e grazie alle sue numerose propaggini continua a dettare legge nell’hinterland a nord di Napoli. Una cosca agguerrita come non mai, armata fino ai denti e pronta a commettere efferati delitti per stroncare possibili fibrillazioni interne. È questo quanto emerge dall’inchiesta che all’alba di oggi ha portato all’esecuzione di sei fermi: in manette sono infatti finiti alcuni storici ed emergenti ras che, secondo la ricostruzione della Procura, si sarebbero da qualche tempo insediati nel rione Salicelle, ad Afragola.
La polizia di Stato e i carabinieri hanno dato esecuzione a un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, a carico di Giuseppe Sasso, 26 anni, Vittorio Parziale, 31 anni, Adriano Laezza, 25 anni, Vincenzo De Pompeis, 27 anni, Luca D’Auria Luca, 22 anni, e Raffaele Nobile, 44 anni, tutti con precedenti e raggiunti, a vario titolo, da gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di associazione per delinquere di tipo mafioso e porto e detenzione illegale di armi da guerra e comuni da sparo e relativo munizionamento. Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo del gruppo di Castello di Cisterna, della stazione di Afragola, dagli agenti della Squadra mobile della questura di Napoli e dal commissariato di Afragola, anche con l’utilizzo di intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno permesso di delineare la piena operatività di un’associazione armata, di tipo mafioso – articolazione del clan Moccia – operante nel comune di Afragola, con base nel rione delle Salicelle.
Dalla lettura del decreto di fermo emerge che i capi dell’organizzazione sarebbero stati Giuseppe Sasso e Vittorio Parziale, insieme a Nicola Luongo e Mariano Barbato (già detenuti). Ricorrendo a sparatorie ed estorsioni la costola dei Moccia si sarebbe allungata anche nel vicino comune di Casoria. Circostanza piuttosto singolare, a partire da giugno 2020 la leadership del clan sarebbe passata al giovane Sasso, che avrebbe ricevuto le direttive di Mariano Barbato e Aniello Barbato direttamente dal carcere. Sasso si sarebbe occupato prevalentemente della gestione del traffico di droga, ovviamente insieme ai suoi uomini di fiducia, tra cui gli indagati Vincenzo De Pompeis, Adriano Laezza, Pietro De Filippis, Luca D’Auria, Giovanni De Pompeis e altri ancora, quali Alessandro Sottoferro, Federico Maldarelli, Raffaele Fusco, Saverio Pirozzi, Antonio Mac Lea, Marco Credentino e Raffaele Nobile.
Nel corso delle indagini gli investigatori hanno però registrato anche una pericolosa fibrillazione esplosa all’interno della cosca delle Salicelle: una contrapposizione che avrebbe visto Nicola Luongo intenzionato a uccidere il reggente Giuseppe Sasso e l’ordine sarebbe arrivato addirittura dal carcere. Il 20 novembre 2020, nel corso di un videocolloqui, Luongo, appreso del nervosismo di Vittorio Parziale, chiede direttamente a quest’ultimo se tale nervosismo sia dovuto a problemi con Sasso: «No dico… sempre i problemi co o ninnillo… tieni… o piccirillo». Ricevuta una risposta evasiva, Luongo gli ordina di «mandare a scuola» (toglierlo dalla circolazione, secondo gli inquirenti), in quanto è l’unico modo che ha per risolvere i problemi: «Hai capito non ti scordare… hai capito che ti ho detto prima… omissis… capito… e risolvi tutte cose… omissis… mi raccomando… capito… solo come ti dico io devi fare». Il piano mortale non è però mai andato in porto.