PALCOSCENICO AZZURRO di Peppe Miale: il fiore azzurro è sbocciato all’improvviso ma non ce ne siamo accorti
“In natura esiste un fiore facente parte di una famiglia di genere cactaceo altrimenti denominata Echinopsis. E’ una famiglia comprendente molte specie di cactus, è originaria dell’America del Sud ed è rinomata per i fantastici fiori dalle colorazioni e dalle sfumature eccezionalmente belle che arrivano anche a venti centimetri di diametro. I fiori sono attaccati alla pianta da un lungo picciolo e, caso più unico che raro, durano un solo giorno” (Wikipedia…ebbene sì!)
Ecco, il Napoli è sbocciato in un solo giorno. E quel giorno noi non eravamo con lui. E’ stato un anno calcistico dai contorni indefiniti, laddove ciò che era vero la domenica è stato poi immediatamente contraddetto la domenica successiva se non ancor prima in uno dei tanti turni infrasettimanali. Noi innamorati azzurri avevamo ormai deposto le speranze, immemori di un inizio folgorante, ormai polvere sotto i pesanti tappeti di delusioni in serie: le sconfitte con Spezia Lazio Verona Genoa, le eliminazioni dalle coppe, accettabile quella con l’Atalanta, inaccettabile quella con il Granada.
E, per inciso, il sostantivo “immemori” poc’anzi adoprato, non suoni critico alle orecchie degli innamorati. Anche il miglior Romeo si sarebbe adombrato se Giulietta alla ventesima scalata del balcone non avesse almeno socchiuso la napoletana in ferro battuto.
Insomma, quel Napoli, che ad inizio stagione faceva balenare sogni di fioriture in successione, rimaneva invece denudato nel suo essere bellamente verde, ma ahinoi misero cactus. Cactus spinoso per giunta: infortuni e sfortune, scelte sbagliate, gestioni peggiori delle assenze. Le colpe? Di tutti. Società, allenatore, giocatori. Anche del cosiddetto ambiente certo, quello in cui in varia misura concorrono giornalisti tifosi e opinionisti di ogni sorta.
Ma è mia umilissima opinione che le categorie in essere siano in Italia positive e negative un po’ ovunque e che sia compito doveroso dei protagonisti gestirle. Per quanto poi a Napoli, se è vero che esagerazioni positive fanno decollare i sogni, è pur vero che quelle negative potrebbero sconfiggere i supereroi. Eppure, nel momento peggiore, il cactus in essere ha continuato a rimanere fiducioso nel vaso di terracotta a esso congeniale non rifugiandosi nell’ombra alzando bandiera bianca. Ha anzi continuato a volgere lo sguardo all’insù a caccia di un raggio di sole, necessario propellente alla speranza di una fioritura.
E il cactus lo ha fatto avendo fiducia. Si è stretto in tutte le sue componenti attorno ad un uomo straordinario che è il suo allenatore. Un allenatore che è stato sfortunato nel perdere per troppo tempo gli architravi del suo progetto tecnico-tattico, Osimhen, Mertens e Fabian Ruiz, ma che ha certamente poi commesso degli errori tradendo il rispetto dell’identità, cui mai bisogna venir meno. Anche lui sa che in quella prima partita di coppa con l’Atalanta in cui scelse di rassegnarsi ad un assetto difensivo non appartenente al Dna della sua stessa creatura, l’idea non fu condivisibile, in primis da sé stesso un minuto dopo aver preso quelle decisioni.
Decisione che ha poi avuto contraccolpi successivi negativi sulla fiducia che aveva in se stessa la squadra, già di per sé non popolata da cuor di leoni. E quindi errore grave fu, con conseguenze che andarono oltre la semplice eliminazione.
Ma un allenatore può commettere degli errori e l’uomo, se di profilo alto, può ammetterli e modificare il proprio destino. E l’uomo Rino Gattuso è indiscutibilmente di profilo alto, e l’allenatore comincia ad allinearsi a quel livello, come testimoniato dalla stima infinita nutrita per lui da un gruppo di calciatori coesi con lui e per lui.
E per chi nutrisse dubbi al riguardo, guardasse l’applicazione e il contributo di uomini destinati alla partenza come Hysaj e Maksimovic, o il commovente abbraccio che ha sommerso l’omone Bakayoko dopo il gol fantastico al Torino. E le nuvole in cielo si sono diradate, gli uomini giusti sono tornati al posto giusto, il cactus rimaneva denudato ma qualche raggio ha cominciato a farsi strada lambendo qualche spina. Noi innamorati azzurri eravamo altrove con i pensieri e la fiducia. E non ci siamo accorti che una notte, d’improvviso, il fiore è sbocciato.
Il Napoli è diventato una squadra importante. Solida in difesa, produttiva nel cuore del gioco, creativa a dir poco nelle sue mille possibili varietà offensive. Ed è un fiore bellissimo che è durato un solo giorno. Un giorno lungo tutto questo girone di ritorno del campionato di calcio 2020-2021. O almeno così sembra che debba essere. Pare, e sottolineo pare perché a Napoli la verità è pura ipotesi, che il presidente e l’allenatore, comunque checché se ne dica tutti e due artefici del cactus(…!), non abbiano intenzione di proseguire assieme. Ebbene, se abbiamo certezza che il presidente possa cambiare idea nel tempo di un battito di ciglia, abbiamo la sensazione che Rino Gattuso sia invece totalmente incapace di contravvenire ad una decisione presa.
Noi innamorati del Napoli con un minimo di consapevolezza critica che non può prescindere dalla conoscenza della storia del Napoli e del momento storico che stiamo vivendo, umilmente preghiamo il presidente e l’allenatore, contemporaneamente, di prendere coscienza profonda dell’antico detto che sconsiglia vivamente l’abbandono della via vecchia. Anche perché di cactus e di spine possono essere pieni i balconi i giardini e le terrazze del mondo, ma i raggi di sole che stanno a Napoli… E che un nuovo fiore di Echinopsis possa sbocciare AZZURRO.
Azzurramente, Peppe Miale