Impianti in condizioni disastrose, a cominciare dal fantasma del PalArgento. La ferita delle Universiadi brucia ancora: molte strutture già da rifare
di Raffaele Ambrosino
Napoli non è capitale dello sport europeo. Si è impegnata ad esserlo, ad avere le carte in regola e gli impianti adatti, per numero e per efficienza entro il 2026. Ed è giusto crederci, è doveroso mettercela tutta affinché ciò avvenga tra circa due anni, visto che il 2024 è ormai alle porte. Dovrà poter organizzare, con gli impianti necessari, almeno 36 eventi sportivi internazionali nell’arco dell’anno di capitale europea dello sport, appunto il 2026. Benché ovvia, questa precisazione va fatta, è un titolo che viene assegnato sulla fiducia, ma anche sulla base di intenzioni supportate ovviamente da progetti, valutati dalla commissione «Aces Europe» che ha dato l’ok per l’assegnazione.
Un lungo elenco di degrado
Ma se Napoli sarà capitale nel 2026, oggi, nel 2023, quasi 2024, è la cenerentola dello sport. Basti pensare alle condizioni dello stadio Collana con il rettangolo di calcio/rugby ridotto a campo di patate, agli spogliatoi praticamente distrutti insieme alle palestre, alla gran parte delle piscine comunali chiuse e in preda al degrado più assoluto. Come quelle di Secondigliano, Scampia, Poggioreale, Barra e Ponticelli da rimettere in piedi completamente. Si spera che la Federazione Italiana Nuoto, a cui sono state affidate, possa rimetterle in sesto il prima possibile e comunque in tempo.
Lo stesso stadio Maradona non è fruibile completamente e non esprime tutta la potenzialità degli spazi a disposizione. Chissà se alla commissione è stata raccontata la triste storia del PalArgento, il mitico palazzetto dello sport di Napoli, chiuso nel 1998 per ristrutturazione, e mai più riaperto. Al suo posto un cumulo di macerie e negli uffici comunali tanti progetti di rifacimento mai realizzati. Insiste nell’area, a pochi metri, il solo Pala Barbuto, struttura che nacque all’epoca come provvisoria in attesa del nuovo PalArgento ma che è rimasta definitiva benché il piano regolatore ne consentisse la sola provvisorietà. Che dire poi del PalaStadera, a Poggioreale, chiuso nel 2017 e mai più riaperto nonostante vari tentativi di assegnarlo a qualche privato. Troppo rovinato l’impianto, troppi soldi per renderlo fruibile e nessuno ha finora accettato l’onere. Gli esempi potrebbero essere ancora tanti, dalla piscina comunale Bulgarelli a Poggioreale, dove il tetto, crollato nell’agosto scorso, non è stato più ricostruito, all’abbandono del Centro sportivo di via delle Repubbliche a Barra, l’elenco è più che lungo.
La delusione e la speranza
Purtroppo è ancora cocente la delusione per il risultato delle Universiadi del 2019 quando gli impianti furono preparati in fretta e furia per farsi trovare pronti. Ma oggi, a meno di 4 anni di distanza, i problemi si sono ripresentati tutti e le strutture sono ancora (o di nuovo) in stato di degrado. Speriamo bene quindi per il 2026. Speriamo che non si facciano le corse per aggiustare alla meglio e con scarsa qualità di interventi necessari. Bisogna, specialmente nell’ambito sportivo, tifare per la città e augurarsi che nel 2026, per esempio, non sia più la Galleria Umberto a fungere da campo di calcio per i bambini napoletani dei Quartieri.