di Giancarlo Tommasone
Dal palco delle feste di piazza al libro mastro della camorra il passo è breve, almeno stando alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Luca Menna, ex affiliato agli Amato-Pagano. C’è da fare una dovuta premessa, si parla di casi particolari su cui indaga l’Antimafia, quindi il discorso non va generalizzato all’intero mondo dei cantanti neomelodici.
Fatto sta che in un verbale, che ripercorre le linee degli affari che legherebbero
certi ambienti di detto genere musicale
e clan di camorra, il pentito parla
di cantanti messi
«a libretto» e di «cavallucci»
I primi sono gli artisti su cui le organizzazioni punterebbero costantemente, i secondi quelli che invece, verrebbero utilizzati solo in dovute circostanze, quando, ad esempio, c’è bisogno di riempire un buco o di fare numero.
Da sempre il filone della «malamusica» è affiancato a quello
della camorra, vuoi per i temi maggiormente trattati, vuoi per le zone (ad alta densità delinquenziale) in cui si è prevalentemente diffusa
E soprattutto perché l’universo neomelodico fa girare tanti soldi. E allora come funziona questo business? Il cantante di turno, che naturalmente un po’ di stoffa la deve pure tenere, oltre alla capacità di fare breccia nel cuore delle fan, viene scelto per l’investimento. Si punta su di lui, lo si fa crescere, gli si fa ottenere successo facendolo esibire a quante più manifestazioni e feste di piazza è possibile, e alla fine, quando è pronto, si concretizzano ritorno dell’investimento e guadagno per il clan (che paga anche per gli impresari, i lavori discografici dei cantanti a libretto, la promozione di cd e concerti).
Il verbale di Menna, a cui fa riferimento l’edizione odierna de «Il Mattino», nell’articolo a firma di Leandro Del Gaudio, oltre che su altri cantanti (tutti preservati con l’anonimato), si focalizza in particolare su un artista, che secondo le dichiarazioni del pentito, sarebbe stato conteso tra «i Moccia (che avevano investito su di lui) e gli Amato-Pagano».
Sempre secondo
il collaboratore
di giustizia, il denaro da ripulire, utilizzandolo per costruire
la carriera
del «prescelto»
(la cui identità è preservata
attraverso l’omissis)
sarebbe quello costituito
dagli introiti
del traffico di stupefacenti
La contesa per accaparrarsi il «management» dell’artista, dichiara sempre Menna, è tale che potrebbe mettere a repentaglio l’incolumità del cantante, che nel caso, potrebbe essere trattato addirittura alla stregua di uno che si è «girato», passando da una famiglia all’altra. Del resto non è la prima volta che l’universo neomelodico finisce sotto i riflettori degli inquirenti. Nei giorni scorsi, Stylo24 ha riportato la registrazione da parte di ambienti investigativi, di frizioni nell’area nord, proprio per la gestione di certi comparti dell’affare musicale made in Secondigliano.
Ma è un discorso, che senza generalizzare,
vale anche per altre zone di Napoli e per la provincia
(sia partenopea che delle altre città campane)
Dai cantanti che inneggiano ai clan durante la festa dei Gigli a Barra nel 2010, ai boss con velleità artistiche che scrivono testi, fino ad arrivare agli artisti (o sedicenti tali che finiscono dietro le sbarre per contatti con i clan della loro zona).
C’è perfino un cantante (tra i più famosi) chi dice di chiamarsi
«di cognome Lo Russo», giusto per far comprendere
al pubblico come sia affezionato alla cosca
La circostanza emerge da una intercettazione telefonica effettuata nel corso di una inchiesta sulla cosca dei capitoni di Miano. Tornando invece a una delle manifestazioni più sentite dalla popolazione, quella dei gigli di Barra, l’ex killer degli Amodio-Abrunzo di Barra, Ciro Niglio, in un verbale del 27 ottobre 2014, afferma che nel 2010 il giglio dell’Insuperabile «venne gestito nuovamente dalla familgia Andolfi». «Io era detenuto e mi venne detto che Andolfi Nunzio, il giorno della festa, venne calato dal cielo in elicottero. Ricordo che un anno uno dei padrini del giglio organizzato da Abrunzo venne definito “Mister x”. Fu un espediente utilizzato per nascondere alle forze dell’ordine il vero nome del padrino, che si identificava in Arcangelo Abete, capo del clan degli scissionisti. Il giglio, oltre che strumento di estorsioni, veniva utilizzato anche per inviare messaggi alla popolazione o ad altri clan. Ricordo che in alcune occasioni venivano utilizzate canzoni per far sapere di alleanze tra clan (per esempio nel 2010 si cantò dell’alleanza tra i barresi e Secondigliano) o di contrasti tra di loro (per esempio nel 2007 Francesco Celeste inneggiò contro gli Aprea). Nella festa del 2010 Abrunzo “regalò” il cantante Alessio al giglio Insuperabile, cantante che corrispondeva solitamente una quota del suo cachet al clan degli scissionisti. Nel 2010 ricordo che Alessio e “Babà” (un altro cantante) cantarono una canzone dedicata alla madre e alla sorella di Angelo Cuccaro», dichiara Niglio.