I grandi delitti di Napoli – La storia di Andrea Rea, serial killer che ha terrorizzato la città negli anni ottanta.
di Francesca Esposito.
Joseph Conrad disse: “L’idea di una fonte sovrannaturale del male non è necessaria, gli uomini da soli sono capaci di ogni nequizia”.
Negli anni 80′, la città di Napoli fa da sfondo ad uno dei più brutali serial killer del nostro paese, pluriomicida nonché stupratore seriale: Andrea Maria Rea.
Andrea nasce nel 1956 da una famiglia dell’alta-borghesia napoletana, figlio di un ingegnere edile si laurea in filosofia con il massimo dei voti. Nel 1982 la sua vita subisce una spaventosa metamorfosi, in seguito alla morte del fratello Antonio: Andrea, da bravo ragazzo, si trasforma nel Mostro di Posillipo. I delitti di Rea sono tutti a sfondo sessuale: violenta, uccide e fa a pezzi i corpi delle povere vittime, ammettendo più volte durante gli interrogatori di disprezzare e dunque di voler estirpare la figura femminile dal mondo e dalla società. La sua iniziazione al crimine avviene all’età di 27 anni: la vittima è una giovane turista finlandese in vacanza ad Ischia. Rea viene subito arrestato e fatto internare dalla famiglia in una casa di cura.
Qui conosce Anna B. 27enne napoletana, figlia di due impiegati. Una ragazza tranquilla, solare, che cerca il grande amore della sua vita. Rea, frequentandola, scopre e conosce le sue fragilità caratteriali e riesce a conquistarne la fiducia, mostrandosi premuroso, protettivo capace di colmare tutte le sue mancanze, e mostrandosi intenzionato ad un fidanzamento. La vita di Anna B. si conclude tragicamente una sera d’inverno, apparentemente tranquilla, durante un’uscita in macchina, ignara che quelli sarebbero stati i suoi ultimi istanti di vita. Il suo corpo fatto a pezzi e gettato in mare il giorno di Natale del 1983. Non verrà mai ritrovato. Il delitto e le modalità verranno spiegate dallo stesso Rea durante un interrogatorio. Spiega tutto con freddezza e lucidità.
Nel 1987 ritorna in azione, e compie un altro stupro ai danni di una sua cara amica. Ma l’apice della sua brutalità viene raggiunto il 3 settembre del 1989 all’età di 33 anni, quando conosce la sua nuova vittima, la trentottenne napoletana Silvia A. Con molte similitudini rispetto alle altre donne frequentate da Rea, anche lei mostra un carattere fragile dovuto anche a seri problemi di tossicodipendenza che le costano il lavoro presso il comune di Napoli come dipendente. Il “mostro di Posillipo”, approfittando del periodo buio della donna, a causa del divorzio, del licenziamento e con una figlia minorenne a carico, decide di mettere in atto il solito schema, intraprendendo una relazione amorosa con la futura vittima. Dopo aver instaurato un forte legame di fiducia con Silvia e dopo un lungo periodo di frequentazione, quella che sembra essere una romantica serata da trascorrere insieme, si trasforma nel peggiore degli incubi. Rea recide l’aorta della povera Silvia uccidendola letteralmente a morsi sul collo. La furia incontrollata di Rea non tende a placarsi, la donna viene fatta a pezzi con un coltello da cucina e messa in una valigia trovata pochi giorni dopo a Marechiaro. Napoli piomba nel terrore.
In seguito al delitto, il mostro decide di scappare a Nizza, consapevole di aver lasciato tracce significative, tra le quali il coltello usato per farla a pezzi, diverse impronte digitali, un orologio sporco di sangue fermo all’ora del delitto. La cosa più raccapricciante che viene ritrovata è la lista nera di Rea con i nomi di potenziali vittime future. Rea è ormai da solo e, vedendosi negata l’ospitalità da parte di amici e parenti, verrà intercettato dalle forza dell’ordine 24 ore dopo la sua fuga, in uno stato confusionale. Immediatamente finisce in clinica. Durante il lungo interrogatorio fumerà 2 pacchetti di sigarette, in preda alla follia non riuscendo a star fermo continuerà a ripetere frasi senza senso alternandoli a momenti di lucidità.
Rea viene dichiarato schizofrenico e paranoico, il quadro clinico cita: psicosi dissociativa in personalità esuberante con forti manifestazioni istintive. In seguito a queste dichiarazioni sarà fatto internare in un manicomio giudiziario. Condannato dopo un lungo processo a 10 anni per l’omicidio di Silvia A. e 5 anni per quello di Anna B., il 23 febbraio 2003 all’età di 46 anni lascia l’ospedale “Filippo Saporito” di Aversa che lo ospita dal 1999. Nonostante la sua pericolosità sociale e i delitti commessi, riesce ad ottenere permessi per buona condotta. Durante uno di questi, riesce ad evadere scappando verso Milano, ma anche in questo caso, viene ritrovato ed arrestato poco dopo.
Oggi Andrea Rea all’età di 64 anni vive a Vairano, un piccolo paese di 6.563 abitanti in provincia di Caserta. Località nella frazione Marzanello conosciuta come “La porta del sud”, dove è in funzione una REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza). Nella struttura sanitaria sono ospiti gli autori di reati, affetti da disturbi mentali e socialmente pericolosi. Proprio in questo luogo, Andrea Maria Rea, alias il “Mostro di Posillipo”, continua a trascorrere il resto della sua vita.