I casi giudiziari del comunicatore di Salvini e dell’ex sindaco di Riace mostrano la leggerezza di una politica non concentrata sulla verità
di Mario Polese
Luca Morisi e Mimmo Lucano sono due personaggi noti, ciascuno a modo proprio, che fanno parte di quella politica che ammicca allo scoop e ai rotocalchi. Quella politica che negli ultimi anni si è concentrata troppo sul gossip e poco sulla difesa di principi come il garantismo e il rispetto delle istituzioni che, invece, dovrebbero essere sacrosanti. Morisi e Lucano sono due uomini completamente diversi, con ruoli diversi, con sensibilità politiche agli antipodi, ma che da qualche ora sono le due facce della stessa medaglia perché completamente assorbiti in quel meccanismo politico, mediatico e giudiziario che è il ‘vero’ bubbone moderno della nostra Italia. Quel sistema capace di dividere il Paese in ‘guelfi e ghibellini’ come niente altro.
Morisi, il regista della comunicazione di Matteo Salvini ideatore della ‘Bestia’ è stato trovato con due grammi di cocaina a casa. Il fatto risale ad agosto ma soltanto una decina di giorni fa il responsabile della comunicazione social del leader della Lega ha reso nota la scelta di abbandonare l’incarico in seguito alla vicenda giudiziaria che lo riguarda. Da quell’esatto istante su Morisi si è scatenato l’inferno mediatico. I giornali pubblicano intere pagine con dovizia di particolari senza risparmiare la vita personale dello stesso Morisi persino con salti dietro nel tempo che hanno nulla hanno a che vedere con le indagini e con il sequestro di cocaina.
I fatti li chiarirà solo la magistratura
Non solo. Alla cronaca che spazia a 360 gradi sui fatti di Morisi vengono aggiunti commenti su commenti da parte di chiunque abbia voglia di un po’ di vetrina mediatica. La verità però è che i fatti per cui Morisi è indagato li chiarirà solo la magistratura alla fine di tutto il percorso di indagini ed eventualmente di giudizio. Vicenda giudiziaria che in ogni caso non riguarda reati gravissimi (in primo momento si era parlato del solo possesso personale dei due grammi di cocaina) per i quali da anni in molti si spendono per la depenalizzazione. Soprattutto nell’area politica che più in questi giorni si sta scatenando contro l’ideatore dei social di Salvini. Tanto che il sospetto che tutta questa attenzione sia stata messa in piedi da chi ‘demonizza’ il personaggio, più che le azioni che avrebbe commesso, è fondato.
E se qualcuno ai detrattori fa notare che si sta esagerando e che in fondo un indagato non è colpevole (fino a sentenza e che questo lo decidono i giudizi dopo articolate e lunghe fasi processuali) la reazione è più o meno questa: Morisi con la ‘Bestia’ ha fatto peggio e quindi si applica lo stesso meccanismo brutale al contrario. Una sorta di ‘legge del taglione’ che non tiene conto né della gravità delle accuse mosse e né tantomeno della presunzione di innocenza, pilastro della nostra Costituzione. Questo un lato della medaglia.
L’altro è quello che riguarda Mimmo Lucano. L’ex sindaco di Riace, noto per le sue ‘battaglie’ a favore di un approccio umano e non militare alla questione migranti, ha ricevuto una condanna severissima: 13 anni di carcere. Anche in questo caso si tratta di una sentenza di primo grado e non quindi definitiva. Anche qui vige la presunzione di innocenza fino all’ultimo grado di giudizio e l’ex sindaco di Riace avrà modo di dimostrare la propria innocenza nelle aule giudiziarie. Ma per la piazza virtuale Lucano è ‘innocente’ a prescindere ed anche in questo caso i commenti e le paginate dei giornali si sprecano. Con una differenza: molti di quelli che hanno attaccato ferocemente Morisi si indignano per la sentenza nei confronti dell’ex amministratore calabrese. E addirittura si travisa la realtà: Lucano non è stato condannato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, né tantomeno per il reato di umanità.
L’Italia è il Paese in cui il giustizialismo fa notizia
È stato condannato invece a una pena, sicuramente severissima, per associazione per delinquere, truffa aggravata, una serie di reati di falso e soprattutto peculati. Delitti sui quali non mi esprimo non conoscendo a fondo il processo. Ma al momento questo è tutto da dimostrare. Come per Morisi del resto. Ma l’Italia è il Paese in cui il giustizialismo fa notizia ed è servito incivilmente a costruire idee sbagliate e poi partiti e carriere politiche mentre il garantismo, evidentemente vale solo per gli amici e gli amici degli amici e non sicuramente per gli avversari.
Il buon senso vorrebbe che sempre si attendesse la lettura delle motivazioni dei processi e si rispettasse il lavoro di magistrati e giudizi senza volerli tirare per la giacca. Ma purtroppo da quasi 20 anni non funziona più così in Italia e dobbiamo subire anche le lezioni morali di chi difende a spada tratta Morisi, lo stesso però che aveva scambiato un citofono per un’aula di tribunale. E in tutto questo il nostro Paese aspetta una serie riforma della Giustizia che non arriva mai.
Mario Polese
Vice Presidente Consiglio Regionale Basilicata