La testimonianza choc dell’ammalato di cancro che ha fatto arrestare il ras del clan Formicola, Giuseppe Attanasio: «Mi pestarono a sangue, non mi uccisero solo perché gli avrei sporcato il divano»
di Luigi Nicolosi
Una camorra spietata e pronta a tutto pur di incassare più denaro possibile. Anche a mettere sotto usura un disperato paziente oncologico. Come se non fosse già sufficiente il dramma della malattia, ci ha pensato la paranza capeggiata dal ras del clan Formicola, Giuseppe Attanasio, a rendere un inferno la vita di un malcapitato cittadino dell’hinterland orientale di Napoli. Quest’ultimo, ritrovatosi in gravi difficoltà economiche per affrontare le cure necessarie, lo scorso anno aveva deciso di rivolgersi alla cosca di San Giovanni a Teduccio per ottenere un prestito di 10mila euro. Quello che ne è scaturito è stato un vortice di debiti, angherie e violenza: «Mi dissero che dovevo apparare i soldi altrimenti mi avrebbero ucciso o comunque fatto andare via da San Giorgio a Cremano».
È una testimonianza da brividi quella riportata nel provvedimento cautelare che ha portato all’arresto di Giuseppe Attanasio, Marco Cozzolino e Luigi Di Perna. Andrea Attanasio, fratello del primo, è invece per il momento riuscito a far perdere le proprie tracce. All’interno del provvedimento sono contestati gravi fatti di sangue, tra cui il reciproco tentativo di omicidio dei fratelli Attanasio, ma una delle imputazioni formulate dalla Procura antimafia lascia davvero senza fiato. Giuseppe Attanasio e Gennaro Matteo, ucciso poche settimane fa in un agguato di camorra a Ponticelli, devono infatti rispondere di un prestito a tassi usurari perpetrato ai danni di un paziente oncologico, il quale, dopo mesi di inferno, il 2 e il 4 novembre scorsi ha finalmente trovato la forza e il coraggio di rivolgersi alla polizia. La sua è una testimonianza che lascia senza fiato: «Quando ho incontrato Giuseppe Attanasio e Gennaro Matteo l’1 ottobre 2021 nei pressi del giudice di pace a Barra sapevo che poteva succedere qualcosa, anche perché era la prima volta che non gli portavo i 2.500 euro che avevamo pattuito avrei dovuto restituire mensilmente. Per questo motivo andai all’incontro con mia madre Lucia e fu una scelta giusta visto che nel successivo incontro dell’11 ottobre Giuseppe Attanasio mi disse che quando ci incontrammo al giudice di pace non mi picchiarono soltanto grazie alla presenza di mia madre».
I pestaggi non hanno però tardato ad arrivare e neppure le minacce: «Attanasio e Matteo mi condussero in una stradina che si trova poco dopo la rotonda posta nei pressi del giudice di pace e cominciarono ad avere un tono minaccioso. Sentendoli parlare avevo timore per la mia incolumità. Mi chiesero con tono minaccioso che dovevo apparare i soldi altrimenti mi avrebbero ucciso o comunque mi avrebbero fatto andare via da San Giorgio a Cremano. Attanasio, con lo stesso tono e sempre in dialetto napoletano, mi disse “tu non sai quanto io sono cattivo, non sai la mia cattiveria a che punto arriva”. Io chiedevo solo un po’ di tempo in più ma loro non me lo volevano dare e fu solo grazie alla presenza di mia madre che mi dissero che dovevo darglieli dopo due o tre giorni». La cattiveria del ras dei Formicola si sarebbe comunque palesata in tutta la sua violenza di lì a breve e precisamente nel corso di un successo incontro che, almeno sulla carta, doveva essere per un innocuo saluto: «Se avessi immaginato quanto sarebbe successo non mi sarei mosso».
La vittima dell’odioso taglieggiamento ripercorre così le fasi di quei momenti drammatici: «Entrati nell’appartamento di Giuseppe Attanasio, Gennaro Matteo chiuse la porta a chiave. Mi voltai verso Attanasio che mi diede uno schiaffo. Cominciarono a picchiarmi con calci e pugni e io mi gettai su un divano chiudendomi con le braccia al volto per ripararmi dai colpi. Mentre mi colpivano mi dicevano che mi dovevano uccidere, che mi avrebbero picchiato per tutta la notte e che da quella casa non sarei più uscito. Attanasio prese una mazza da scopa che mi spezzò addosso colpendomi dietro la schiena e dicendo che non dovevo urlare. Poi Matteo mi colpì con un pugno in bocca. Attanasio ebbe paura che potessi sporcargli il divano e allora disse a Matteo di farmi andare via. Si alzò, aprì la porta con la chiave e mi fece uscire via. Mentre uscivo Attanasio mi disse in modo provocatorio “ora vai pure dalle guardie che quelli mi fanno un bucchino”». Dopo due giorni la vittima ha finalmente trovato il coraggio di varcare il portone del locale commissariato di polizia e porre fine al suo inferno personale.