Il giro di tangenti, sullo sfondo il clan Contini
di Giancarlo Tommasone
Sono almeno sette le cosche napoletane (che agiscono nella zona che va dalle Case Nuove a San Giovanni a Teduccio) finite al centro dell’inchiesta «Piccola Svizzera», della Dda, che ha portato all’esecuzione di oltre 20 misure di custodia cautelare e all’iscrizione nel registro degli indagati di 52 persone in totale. Sui clan, secondo gli inquirenti, nel ruolo di mediatore super partes e di «grande vecchio» della camorra, c’era Carmine Montescuro (alias zì Menuzz’), 85 anni, originario di Sant’Erasmo. Una figura la sua, che per il calibro, richiama quella di esponenti malavitosi del passato. Sullo sfondo, il porto di Napoli, di cui, è riportato nell’ordinanza a firma del gip Alessandra Ferrigno, Montescuro avrebbe avuto tutte «le chiavi». L’ultima circostanza è avallata non solo dalle indagini, ma pure da quanto affermano i collaboratori di giustizia. Uno di questi, Ciro Vollaro (suicida in carcere nel 2006, all’età di 46 anni), ha riferito delle mire che i clan avevano sullo scalo napoletano già a partire dagli anni Ottanta-Novanta. Il pentimento di Vollaro, figlio di Luigi (anche detto ’o califfo, deceduto in carcere nel 2015), inizia nel 1996.
L’episodio / Estorsioni al porto, il boss:
dammi i soldi o mi riprendo la barca
Scrivono i magistrati: «Vollaro Ciro, per aver anche coadiuvato il padre Luigi (boss di Portici), era a conoscenza delle dinamiche criminali che connotavano l’epoca di cui riferiva, anni 80/90, e così nel 1996, quando avviava il proprio percorso di collaborazione con la giustizia, indicava Carmine Montescuro, quale elemento di primo piano all’interno dell’organizzazione criminale capeggiata da Edoardo Contini, per conto del quale Montescuro si occupava delle attività criminali connesse a lavori pubblici in città e nel porto di Napoli, occupandosi delle estorsioni, ma anche del riciclaggio in alcune imprese di costruzioni per conto del clan».
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Vollaro jr riferisce anche «della presenza di Montescuro a riunioni in cui erano state assunte determinazioni omicidiarie». Il 31 ottobre del 1996, Ciro Vollaro fa mettere a verbale: «Montescuro Carmine è la persona che per conto dei Contini ha fatto accordi con le imprese interessate ai lavori del porto di Napoli, all’autostrada Napoli-Salerno, al garage che si trova a Sant’Erasmo. Quando ci fu questa estorsione del garage, Montescuro mi mandò come regalo personale 30 milioni».
Le dichiarazioni rese
da Ciro Vollaro
nel 1996 e nel 1998
Concetto ribadito nel corso dell’interrogatorio che avviene il 30 ottobre del 1998. « (…) io apprendevo tali fatti da Carmine Montescuro, egli é un mio parente, e mi disse che lui ed un certo “Polacco” di Forcella, chiusero per conto di Contini un affare su garage in zona Sant’Erasmo. Montescuro, per conto di Contini (Edoardo, ndr), prese circa due miliardi nel 1990 o 1991 come tangente per la costruzione del garage di Via Brin. Montescuro è mio compare, il figlio é stato mio compare di matrimonio. Edoardo (Contini, ndr) faceva grossissime estorsioni, ad esempio il palazzo di giustizia ed il porto di Napoli, e reinvestiva poi (i proventi) nella droga. I proventi dei videogiochi venivano reinvestiti nella droga ed i fondi provenivano dalle estorsioni», dichiara Ciro Vollaro.