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Home Inchieste e storia della camorra

Il trucco della polizia per installare le microspie nell’auto utilizzata dal boss

di Redazione
25 Novembre 2019
in Inchieste e storia della camorra
Tempo di lettura: 3 minuti
Il porto di Napoli, nel riquadro Carmine Montescuro

Il porto di Napoli, nel riquadro Carmine Montescuro

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Inutili i tentativi di bonifica da parte della cosca

di Giancarlo Tommasone

La Fiat Panda del 55enne Nino Argano, considerato il braccio destro di Carmine Montescuro (alias zì Menuzzo, il boss di 85 anni alla guida del clan di Sant’Erasmo), ricopre fondamentale importanza nell’ambito dell’inchiesta «Piccola Svizzera». Perché è proprio in quell’auto che viene captata la maggior parte delle conversazioni che avvengono tra i vertici del gruppo criminale. In primis quelle tra Argano e il boss, che si sposta quasi esclusivamente a bordo della vettura del proprio affiliato. A ricostruire la genesi dell’operazione di intelligence effettuata dagli uomini della Questura centrale, che installano delle microspie nell’abitacolo della Panda, è lo stesso sodale di zì Menuzzo.

L’escamotage della polizia
per aver accesso all’auto di Argano
e per poter installare le microspie

Gli agenti di polizia, infatti, il 28 novembre del 2016, fermano Argano nella zona delle Case Nuove. Gli chiedono i documenti, e dopo un rapido controllo, annunciano al 55enne che deve seguirli in Questura, perché non risulterebbe in regola con il rinnovo della patente. Si tratta, però, solo della scusa addotta dagli agenti per poter aver accesso alla vettura di Argano. Quest’ultimo, dunque, si rimette alla guida e seguendo l’auto della polizia, giunge presso gli uffici di Via Medina. Sono circa le tre del pomeriggio, lascerà la Questura solo due ore più tardi: il tempo necessario per permettere ai tecnici, di installare le cimici nell’auto.

L’episodio / Quando il boss distrusse
le vetrate dello studio di un notaio

La prima persona che Argano chiama, battezzando anche le intercettazioni in ambientale, è Carmine Montescuro, al quale racconta di essere stato fermato. Qualche giorno dopo, Argano è alla guida della sua Panda, a bordo della quale c’è anche il figlio di zì Menuzzo, Antonio Montescuro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i due si starebbero recando ad Acerra, per estorcere denaro a un imprenditore. «Lunedì mi fermarono i Falchi fuori al Loreto Mare. Uno di loro mi disse: “In macchina hai qualcosa? Se sì, non farci perdere tempo”. Ed io gli ho detto: “Hai preso una macchina per un’altra”. Comunque mi disse: “Dammi il documento, dammi la patente, dammi il libretto… l’assicurazione”. All’improvviso mi chiama e dice: “Arga’ ci dovete seguire in Questura”. Io mi allarmai, gli chiesi il perché. E lui disse: “Qua risulta che la patente non è stata rinnovata… e stai ancora con la patente scaduta dal mese di giugno”, io adesso (di recente) la rinnovai perché a me si presero la patente che era scaduta ed io ho fatto il rinnovo … ho fatto e me la sono presa di nuovo. Ma a loro risultava ancora che la mia patente era ancora scaduta». «Vado in Questura con la macchina – continua il racconto di Argano – e mi dicono di entrare dentro. Io chiesi: “Giù al garage?”. E loro: “Sì”. Io domandai: “Sentite, ma… la posso chiudere la macchina?”. E loro: “No, no, no. Lasciatela aperta tanto qua è ben custodita, è meglio dei parcheggi di fuori”. “Va bene”, dissi e la lasciai aperta con le chiavi vicino… Antò (Antonio  Montescuro), dalle tre siamo usciti alle cinque. Mi fanno: “Tutto a posto, Argano, con la patente abbiamo risolto il problema, ve l’abbiamo risolto il problema”. Che pensi tu?», chiede Argano al suo interlocutore.

Leggi anche / Estorsioni al porto, il pentito
Giuseppe Sarno: Montescuro finto paciere

«(Penso che) ti hanno messo le microspie in macchina… ancora la devi (far) “vedere”?» risponde Montescuro. «No, ma adesso la faccio “vedere”… appena è così, la devo far vedere», afferma Nino Argano. In effetti, ricevuto l’ordine da Antonio Montescuro, «Argano – è riportato nell’ordinanza – fa effettuare da un soggetto specializzato una bonifica all’interno della sua autovettura senza, tuttavia, che le attrezzature utilizzate riuscissero a rinvenire le microspie, atteso che le stesse erano state mantenute opportunamente in modalità antibonifica».

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