Le immagini della videosorveglianza hanno incastrato il boss e i suoi vivandieri
I coniugi Bonafede-Lanceri, considerati i vivandieri del boss, provarono a sviare le indagini e allontanare ogni sospetto da loro. I due dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro tentarono di costruire una loro versione del rapporto con il capo clan trapanese. È quanto si apprende dall’ordinanza emessa dal gip di Palermo nei loro confronti. Il 23 gennaio 2023 (e cioè appena una settimana dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro) «la polizia giudiziaria – si legge nel provvedimento – procedeva ad effettuare una perquisizione domiciliare presso l’abitazione degli odierni indagati (Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri, ndr.), in quel momento non iscritti nel registro delle persone sottoposte alle indagini giacché all’epoca non era emerso a loro carico alcun indizio di reato».
«I coniugi Bonafede – Lanceri, infatti, quello stesso giorno si erano presentati spontaneamente alla polizia giudiziaria affermando di avere riconosciuto nelle immagini diffuse dai media in occasione dell’arresto di Matteo Messina Denaro una persona che essi – tramite Andrea Bonafede classe ’69, cugino di Emanuele Bonafede – avevano conosciuto nell’estate del 2018 come “Francesco Salsi” e che aveva iniziato a frequentare occasionalmente la loro abitazione.
Quello stesso giorno, dunque, la polizia giudiziaria procedeva ad assumere sommarie informazioni testimoniali dalla coppia. Le dichiarazioni rese in quel frangente dai due, oltre a presentare alcune palesi incompatibilità, secondo gli inquirenti, venivano radicalmente smentite dalla acquisizione dei video registrati da una telecamera di sorveglianza installata presso un esercizio commerciale sito nelle immediate adiacenze della loro abitazione, registrazioni video che «coprivano» il periodo dalle 20.51 del 7 gennaio alle 21.12 del 23 gennaio 2023. Dunque anche i giorni immediatamente antecedenti alla cattura del capomafia.
I filmati sconfessano il racconto
«La visione dei filmati effettuata dalla polizia giudiziaria – spiega il provvedimento -documentava che durante l’intero periodo esaminato Matteo Messina Denaro si era recato ogni giorno presso l’abitazione dei coniugi Bonafede – Lanceri in orari compatibili con la consumazione del pranzo e della cena e si era colà trattenuto per numerose ore; prova certa di ciò emergeva altresì dalla circostanza che le videoriprese hanno spesso mostrato la presenza della vettura in uso al latitante, una Giulietta Alfa Romeo, nelle immediate vicinanze della abitazione degli» indagati.
Non solo, dalle riprese video emergeva che il boss era solito portare con sé, presso l’abitazione della coppia, generi alimentari di varia natura, «i quali peraltro, in alcune occasioni, venivano trasportati personalmente dal latitante utilizzando la già ricordata “Giulietta” Alfa Romeo, vettura che Lorena Lanceri aveva dichiarato di non avere mai visto».
Le verifiche, dunque, contrastavano con quanto affermato da Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri che «avevano descritto la presenza del sedicente “dott. Salsi” presso la loro abitazione come occasionale e sporadica. In base a tali punti fermi, si può dunque affermare che Matteo Messina Denaro ha frequentato giornalmente l’abitazione dei coniugi Bonafede – Lanceri ed ha spesso consumato in quel luogo i pasti principali, con ciò evitando di doversi recare presso supermercati o ristoranti per provvedere a tali necessità primarie».
Per il giudice dunque, è superfluo ribadire, come la coppia ha «senza dubbio contribuito in tal modo a far sì che Matteo Messina Denaro potesse trascorrere gran parte delle proprie giornate in contesti familiari dall’apparenza normale e libero dalle incombenze domestiche e, di conseguenza, a mitigare i rischi derivanti dallo svolgimento di attività che avrebbero inevitabilmente provocato una maggiore esposizione del latitante al pericolo di essere individuato»