Condanna dimezzata per l’ex magistrato in servizio a Ischia, che incassa 4 anni e 9 mesi. Accuse ridimensionate anche per l’ex consigliere municipale Antonio Di Dio, Valentino Cassini e Giuseppe Liccardo
La Corte d’appello di Roma, in ordine alla vicenda giudiziaria del giudice Alberto Capuano, difeso dagli avvocati Alfonso Furgiuele e Alfredo Sorge, ha assolto il magistrato dalle tutte le contestazioni di corruzione in atti giudiziari per le quali in primo grado era stato emesso il verdetto di colpevolezza.
La Corte d’appello ha ritenuto che per due contestazioni sussisteva il reato di traffico di influenze e per una terza il tentativo di traffico di influenze. Ha pertanto rideterminato la pena in 4 anni e 9 mesi, dimezzando in pratica la condanna inflitta in primo grado. Riqualificazione e rideterminazione che ha interessato tutti gli altri imputati: Antonio Di Dio, Valentino Cassini e Giuseppe Liccardo (difesi dagli avvocati Domenico Dello Iacono, Marco Campora, Cinque, Sforza e Cozzolino). I difensori di Capuano osservano che questa sentenza costituisce «un primo momento di riequilibrio della realtà con il riconoscimento della insussistenza di tutte le ipotesi di corruzione in atti giudiziari per cui era stata emessa la sentenza di condanna di primo grado».
L’inchiesta “San Gennaro”, coordinata dalla procura della Repubblica di Roma e condotta dalla Squadra Mobile capitolina, aprì una nuova ferita nel mondo già sottosopra delle toghe. Nel luglio 2019 Alberto Capuano, in servizio a Ischia dove era stato trasferito a seguito di un’altra inchiesta per corruzione (poi conclusasi con archiviazione), era finito in carcere, salvo poi tornare nuovamente a piede libero. In prigione erano finite anche altre tre persone: il consigliere della Municipalità 10 di Napoli Antonio Di Dio; Giuseppe Liccardo, ritenuto vicino al clan Mallardo di Giugliano; e l’imprenditore Valentino Cassini, professionista nel commercio al dettaglio di prodotti via internet. Gli arresti domiciliari erano stati disposti per l’avvocato del foro di Napoli Elio Buonaiuto, residente a Ottaviano, che pochi mesi prima aveva riportato in primo grado a Padova una condanna a 8 anni e 6 mesi nell’ambito di un’altra inchiesta per truffa legata al mondo dell’imprenditoria.
Contestati a vario titolo i reati di corruzione nell’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e in atti giudiziari, traffico di influenze illecite, millantato credito, tentata estorsione e favoreggiamento. L’inchiesta ha preso il via nel novembre 2018 dopo la denuncia di un cittadino che si era visto notificare un ordine di abbattimento del manufatto divenuto negli anni sede di casa sua e della sua attività lavorativa. Nell’esposto, l’uomo riferiva di essere stato avvicinato da terze persone le quali, prospettando amicizie con un magistrato, avevano promesso il superamento dell’abbattimento in cambio di 20mila euro.
Avendo il cittadino fatto nomi e cognomi precisi (tra i quali quello di un magistrato poi non indagato), la procura ha trasmesso gli atti a Roma. E qui ha mosso i primi passi l’indagine. Un’indagine che si è avvalsa dello strumento delle intercettazioni e del trojan. Ed è proprio grazie alle intercettazioni che i pm sono risaliti a Capuano. Il privato cittadino che aveva sporto denuncia era sì stato destinatario di una richiesta di soldi come da lui dichiarato, ma in realtà subito dopo la denuncia si era attivato per trovare degli “agganci” in Tribunale per cercare di bloccare la demolizione. Ciò che l’uomo non poteva immaginare è che anche il suo telefono fosse stato messo sotto controllo.