Il clamoroso retroscena dall’inchiesta Petrol Mafie culminata in 70 arresti, il boss di San Giovanni a Teduccio aveva messo nel mirino il genero del ras afragolese: «Sono venuti qui e mi hanno preso a pugni»
di Luigi Nicolosi
Pestato a sangue per aver venduto il carburante alla pompa a un prezzo inferiore di dieci centesimi rispetto a quello praticato dai concorrenti della zona. Un episodio apparentemente “marginale”, quello che emerge della maxi-inchiesta “Petrol Mafie Spa” culminata ieri nell’esecuzione di settanta arresti, ma che la dice invece lunga su quale fosse diventato il grado di spregiudicatezza e aggressività raggiunto dai clan di Napoli Est e in particolare del temibile gruppo Mazzarella. Proprio quest’ultimo, nell’estate del 2017, si rese protagonista, tramite i ras Franco “’o parente” e Salvatore D’Amico “’o pirata”, di una feroce aggressione ai danni di Mario Brillante, gestore di un impianto di carburanti in via Galileo Ferraris e genero di Alberto Coppola, imprenditore vicinissimo al boss Antonio Moccia. Le conseguenze di quell’incursione furono potenzialmente micidiali: le due cosche rischiarono infatti lo scontro armato, faida poi sventata dopo che i Mazzarella, convocati al cospetto di Moccia, chiesero scusa per l’accaduto e accettarono una quota sulla tangente molto inferiore rispetto a quella del clan afragolese: venti per cento contro l’ottanta per cento.
La vicenda viene ricostruita con dovizia di particolare all’interno delle 559 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri: «Alberto Coppola – si legge nell’incipit del capo di imputazione – tramite la New Service Srl, acquistava anche un distributore di carburanti in via Ferraris a Napoli, angolo via Gianturco. La trattativa si concludeva con la stipula del contratto il 5 maggio 2017. La gestione del distributore veniva affidata da Coppola a Mario Brillante, fidanzato della figlia Roberta. Proprio Brillante, stando a quanto emerso dalle intercettazioni, nel luglio 2017, è stato oggetto di minacce e richieste estorsive provenienti dal clan Mazzarella». Appreso dell’accaduto, Coppola si sarebbe quindi rivolto a un suo uomo di fiducia nonché parente, Salvatore Rosmelli, per individuare i responsabili del raid e risolvere la faccenda: «Prima che mi muovo voglio sapere, hai capito o no? Saluti». L’escalation di tensioni era appena iniziata, così come i guai per il malcapitato gestore della pompa di benzina.
Dalle conversazioni registrate ad agosto 2017 gli investigatori accertano che Brillante era stato, dopo alcuni giorni, anche vittima di un’aggressione, oltre che di minaccia, da parte di due soggetti che, nel consegnargli un biglietto su cui erano annotati i prezzi da praticare, avevano chiesto di riferire l’accaduto ad Alberto Coppola. Brillante, telefonando al suocero, afferma dunque: «Sono venuti due di loro e mi hanno messo un biglietto in mano… gli ho detto cosa c’è fratello… e mi hanno dato questo biglietto e si sono messi i più grossi e mi hanno dato due o tre cazzotti… portacelo per imbasciata “questa sera chiudi la pompa e metti questo prezzo qua». Coppola, sempre più spazientito, contatta diverse volte Rosmelli e spiega: «Non glieli ha dati i nomi… sono venuti da là e ha detto “metti 10 sopra” vicino a mio genero, devi mettere sopra, e hanno detto digli a tuo suocero che per questa sera deve chiudere la pompa e a te ti taglio la testa». Rosmelli rassicura l’interlocutore e annuncia un incontro: «Io sono convinto che al novanta per cento non verrà Franco, eh! Al novanta per cento perché sotto da me c’era il cugino di mia moglie». Coppola non vuole però sentir ragioni: «Comunque mo c’è il botto, sta venendo il botto… succede una guerra Salvatò».