Il tradimento con quelli lì…
“Decisi finalmente di distruggere quell’oggetto atroce. Volevo veramente sapere? Ne avevo davvero bisogno? Che importanza poteva avere che fosse vivo o morto, visto che, comunque, non l’avrei piu’ rivisto? Ma ne ero proprio sicuro? Era davvero impossibile che la porta di casa si aprisse per farlo entrare? E non stavo gia’, in quello stesso istante, tendendo l’orecchio per cogliere il suo passo? Afferrai l’opuscolo con l’intenzione di stracciarlo ma, all’ultimo momento mi trattenni. Facendomi forza, quasi tremando. lo aprii alla lettera H e lessi. “VON HOHENFELS, KONRADIN implicato nel complotto per uccidere Hitler. Giustiziato” (Fred Uhlman, “L’amico ritrovato”).
Hans e Konradin. Amici per la pelle. Un giovane ebreo ed un giovane tedesco divisi dalle leggi antisemite. Un’amicizia cristallina cui la storia, terribile, non ha concesso tempo e possibilità. Storia di una fiducia nell’altro perduta per sempre, poi miracolosamente ritrovata.
Ad oggi, 24 gennaio 2020, non ho alcuna speranza che fra venti anni e più, leggendo in qualche rivista che come tale neanche esisterà più e quindi meglio ancora cliccando su qualche improbabile link ad una fantomatica lettera “S”, noi tifosi del Napoli potremmo mai ritrovare il nome Sarri Maurizio con annessa legenda assolutoria e salvifica. Preventivamente mi scuso per il blasfemo accostamento del tradimento bianconero del nostro ex allenatore ad uno degli eventi più drammatici della storia. Ma col capo consapevolmente cosparso di cenere, prego chi ha l’ardire di leggermi di cogliere solo e soltanto il senso iperbolico del paragone.

D’altra parte ho provato a scavare fino in fondo al pozzo delle mie limitate conoscenze per addivenire ad un riflesso altro di questa triste vicenda dell’amore finito tra i napoletani ed il Sig. Maurizio Sarri. E mi è venuto in mente il bellissimo “Le vie del Signore sono finite” con Massimo Troisi che, reduce da Lourdes, contesta vivacemente alla sensuale ex – Joe Champa – la scelta di essersi fidanzata con un biondo slavato dopo che per anni era stata con lui, dai capelli bruni e ricci. “Hai sempre detto che ti piacevano i bruni, mo’ comme fai a sta’ cu’nu biondino?…Mah”. Ma se la vicenda di Uhlman è troppo per una storia d’amore e condivisione attinente al calcio, la vicenda narrataci dal nostro indimenticato Massimo è forse troppo poco rispetto al tradimento e alla delusione inflittaci dal “Nostro”, ormai ineluttabilmente “Loro”, con tanto di cravatta bianconera. Anche Troisi sarebbe d’accordo peraltro sull’antico adagio che asseriva il diritto di poter cambiare una donna, giammai la propria fede calcistica. Proprio ciò che invece il Sig. Maurizio Sarri ha indebitamente fatto. Quando leggo della nostra presunta ingenuità a fronte di un serio professionista del lavoro che ha fatto una scelta normale ed opportuna per la sua carriera, l’orticaria mi sovviene ancor prima che abbia finito di ascoltare il luogo comune che appiattisce e distorce la realtà. A meno che non vogliamo davvero credere che gli uomini siano sempre tutti uguali e nessuno sia più capace di raccontarci una storia.
In quei tre anni il Sig. Maurizio Sarri una storia l’ha raccontata a tutti noi tifosi azzurri. Ed è stata una storia di bellezza e di identità. Nella sua scelta di qualche mese fa non c’è né bellezza né identità. Anzi, mi correggo: l’identità decisamente c’è. La sua. Rinnegata. L’uomo, intelligentissimo, asserisce ora che il sarrismo fosse una declinazione eccessiva del suo lavoro. Deve negare l’esistenza di un qualcosa per potersi giustificare in qualche modo, ammesso e non concesso ne abbia davvero voglia. Ma purtroppo per lui il termine sarrismo è presente sulla Treccani, non su una qualunque Wikipedia. Ed il significato recita così: “La concezione del gioco del calcio propugnata dall’allenatore Maurizio Sarri, fondata sulla velocità e la propensione offensiva; per estensione l’interpretazione della personalità di Sarri come espressione sanguigna dell’anima popolare della città di Napoli e del suo tifo“. Inutile sottolineare come la parte in grassetto sia morta e sepolta nei nostri cuori.
Il sig. Maurizio non aveva il dovere di trascorrere tutta la vita professionale con la nostra maglia addosso, per quanto certe sue affermazioni potessero indurre a credere che l’avrebbe fatto (o anche perché no?), Sarri aveva il diritto di andare altrove. Ma non aveva il diritto di andare ad allenare quella squadra lì. Tutte le altre squadre del mondo certo, ma non quella. Perché a quel diritto ha rinunciato nei tre anni di simbiosi totale con noi, come Treccani testimonia. La sua scelta orribile ha sepolto quei tre anni meravigliosi. E ne ha sepolto anche il ricordo. Il dolore più grande che viviamo, la maggior parte di noi inconsapevolmente, è l’impedimento del ricordo. Ogni volta che le dita compulsive da tastiera ci inducono a cliccare sulle immagini di quegli anni, scappiamo altrove non sopportando che tutta quella bellezza ora sieda in quell’altra oscura panchina.
Ecco, sig. Maurizio Sarri, lei ci ha impedito il rimpianto. Ed è di questo che non la perdoneremo mai.
PS: Il mio migliore amico, uomo raffinato e straordinario artista, tifoso ma non fino al punto di essere un malato azzurro, suggerisce da tempo un’accoglienza di Eduardiana memoria: “Il Signor Maurizio Sarri entri sul prato verde del San Paolo, niente fischi, niente cori beceri, il silenzio più assordante che ci sia accompagni i suoi passi, le luci si spengano attorno a lui illuminato solo da un cono di luce. Poi, improvvisa e decisa, ad un dato segnale di tromba di scespiriana portata, lo gratifichi all’unisono una solenne e roboante pernacchia di cinquantamila uomini belli. Loro sì. Mavafanculo!!!!”.
Azzurramente, Peppe Miale