L’ex latitante trasferito nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila
Dopo 30 anni di latitanza Matteo Messina Denaro ha passato la sua prima notte in cella, dopo l’arresto avvenuto ieri mattina in una clinica. Il boss è stato trasferito dalla Sicilia con un elicottero militare all’aeroporto di Pescara. Da qui, secondo l’Adnkronos, sarebbe stato rinchiuso nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila dove sono attualmente ristretti oltre 100 capiclan della mafia. In passato ha ospitato personaggi di spicco della mala, come i fratelli Graviano, Raffaele Cutolo, Leoluca Bagarella, Totò Riina e Gianni Nicchi. Il penitenziario ha a disposizione molte aree riservate per tenerlo isolato.
Le indagini, comunque non si fermano con la sua cattura, le forze dell’ordine ora vogliono smantellare la rete di protezionee che ha permesso la sua lunga latitanza. In questo senso, un aiuto, gli inquirenti sperano di trovarlo tra eventuali documenti presenti nel luogo dove ha vissuto Messina nel corso di questi anni. Questa notte le forze dell’ordine hanno fatto irruzione in quello che è considerato il suo covo, a Campobello di Mazara. Alla perquisizione, in vicolo San Vito (ex via Cv31), in pieno centro, ha preso parte il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido. Alle 8,30 al covo sono arrivati gli uomini del Reparto investigazioni scientifiche di Messina che stanno passando al setaccio, tutt’ora, l’abitazione.
La caccia ai documenti top secret
Al suo interno non sarebbero state trovate armi ma oggetti di lusso, vestiti firmati e profumi. Il covo in realtà è «l’abitazione di una persona normale» hanno spiegato gli investigatori. «Un’abitazione dove Matteo Messina Denaro viveva stabilmente da un certo periodo di tempo nel pieno centro del paese» ha raccontato il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Ros dei carabinieri per poi aggiungere: «un’abitazione di stabile occupazione al cui interno pensiamo di trovare elementi significativi».
E secondo qualcuno al suo interno potrebbero esserci documenti top secret, carte che potrebbero svelare i retroscena della stagione delle stragi, oppure l’archivio di Totò Riina, che il boss corleonese teneva nel suo nascondiglio prima dell’arresto, fatti sparire perché la casa, a differenza di ora, non venne perquisita
Non è ancora noto cosa sia stato trovato all’interno del covo usato dal boss durante l’ultimo periodo della sua latitanza, scoperto a Campobello di Mazara. Centro di 11 mila abitanti in provincia di Trapani, Campobello è il paese di Giovanni Luppino, l’uomo che, ieri, ha accompagnato il capomafia alla clinica Maddalena dove è scattato il blitz. Campobello è a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di Messina Denaro e della sua famiglia. L’individuazione del covo e la sua perquisizione sono tappe fondamentali nella ricostruzione della latitanza del capomafia. E non solo. Diversi pentiti hanno raccontato che il padrino trapanese era custode del tesoro di Totò Reina, documenti top secret che il boss corleonese teneva nel suo nascondiglio prima dell’arresto, fatti sparire perché la casa, a differenza di ora, non venne perquisita.