di Giancarlo Tommasone
L’ultima ordinanza eseguita nei confronti di 11 presunti appartenenti al clan Fabbrocino si avvale anche delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, che hanno rendicontato sull’attività dell’organizzazione malavitosa fondata dal capostipite Mario, alias ‘o gravunaro, anche detto il boss dei due mondi, per la lunga latitanza in Sudamerica. Ai soggetti coinvolti si contestano, a vario titolo, i reati di associazione camorristica, spaccio di droga ed estorsione. Mario Fabbrocino, secondo le dichiarazioni di un pentito inserite nel faldone della suddetta ordinanza, all’atto del suo arresto (quello del 2005, ndr) avrebbe invitato i suoi affiliati ad «arrangiarsi da soli».

A rivelare la singolare circostanza è Maurizio Ferraiuolo, ex sodale degli Stolder. «Io so – afferma Ferraiuolo – che Mario Fabbrocino, una volta tratto in arresto, aveva dato via libera ai suoi uomini (nel senso) che ognuno di essi poteva provvedere per se stesso al fine di progredire, e cioè di fare ciò che volevano per guadagnare soldi». A portare questo tipo di “ambasciate” all’interno dei padiglioni Torino e Venezia del carcere di Poggioreale, secondo Ferraiuolo, era stato tale Ferdinando di Castellammare, per stabilire l’identità del quale, però, non si danno ulteriori elementi.

Dunque, stando a quanto afferma Ferraiuolo, il boss dei due mondi si sarebbe comportato come il titolare di un’azienda in difficoltà (e costretta a chiudere) e una volta finito in carcere avrebbe fatto sapere ai ‘dipendenti’ che ora bisognava fare da soli. La circostanza (essendo stata appresa da Ferraiuolo de relato, ha naturalmente bisogno dei necessari riscontri) ha in sé valenza giudiziaria minima, ma dà bene l’idea della piega che avrebbe preso il clan Fabbrocino dopo l’arresto del boss.

Fino ad allora, la gestione dell’organizzazione era stata sempre curata dal padrino originario di San Giuseppe Vesuviano, anche quando quest’ultimo era stato latitante in Sudamerica. Lo scovano in Argentina, a una decina di chilometri da Buenos Aires, il 3 settembre del 1997. Sarà ‘ospite’ nella cella che pochi giorni prima aveva occupato Diego Armando Maradona.

Nel 2001 viene estradato in Italia, passano altri quattro anni tra carcere, misura dell’obbligo di firma e un periodo di irreperibilità, fino a quando, a Ferragosto del 2005 non lo trovano in una villa alla periferia di San Giuseppe Vesuviano. Nel 2006 la condanna per l’omicidio di Salvatore Batti e di Roberto Cutolo diviene definitiva e da allora ‘o gravunaro sconta una condanna da ‘fine pena mai’.