Il killer Fabio Magnetti rivela i contenuti dei summit organizzati dopo l’agguato al ras degli Abbinante: «La Masseria è intervenuta placando gli animi e stabilì che ogni famiglia doveva rimanere nel proprio territorio»
Il clan Abbinante contro tutti dopo l’agguato fallito al boss, la famiglia Licciardi impone la pace tra le cosche di Scampia e Secondigliano. A rivelare il retroscena è Fabio Magnetti, ras e killer della Vanella Grassi, che con un lungo manoscritto ha deciso di confessare la propria partecipazione a ben nove delitti. Il ras della Vinella ha però fornito agli inquirenti della Dda di Napoli anche diversi, inediti spaccati di camorra: «In quell’occasione intervenì la famiglia Licciardi a placare gli animi in tempesta, la quale, provando a risolvere la situazione, stabilì che ogni famiglia doveva rimanere nel proprio ambito territoriale e che in caso di ingerenza nella gestione degli altri affari il responsabile sarebbe stato punito dalla stessa famiglia di appartenenza, così da non dare vita a una faida».
È un manoscritto a dir poco scottante, quello che Fabio Magnetti ha redatto nel 2021, ma il cui contenuto è diventato pubblico solo nelle ultime settimane. Nella parte finale del documento il ras, che comunque non ha mai chiesto di diventare collaboratore di giustizia, ricostruisce quanto accaduto in occasione dell’agguato teso al boss degli Abbinante Giovanni Esposito “’o muort”: «Senza il mio consenso e neppure quello di Antonio Mennetta, gli affiliati della famiglia Leonardi unitamente ad altri della mia famiglia individuati da Rosario Guarino, organizzarono un agguato a Giovanni Esposito, fallito grazie all’intervento della polizia, la quale in quell’occasione arrestò tutti gli affiliati intervenuti. Di tutta risposta la famiglia Abbinante decise di uccidere il nipote di Antonio Leonardi, portando al termine l’intento omicida e proprio a causa di tale episodio che si ingenerò una fase embrionale di faida che vedeva contrapposti da un lato gli Abete e gli Abbinante e dall’altro lato tutte le altre famiglie. In questo contesto il clan Amato-Pagano decise di schierarsi contro gli Abete-Abbinante».
Una situazione a dir poco esplosiva, che avrebbe rischiato di portare a un nuovo drammatico spargimento di sangue tra le strade di Scampia e Secondigliano, quartieri già messi a durissima prova dalle precedenti tre faide: «Ricordo che la famiglia Licciardi tentò di mitigare le ragioni delle famiglie in contrasto, cercando di organizzare degli incontri, senza tuttavia sortire alcun effetto positivo». E ancora: «Un giorno Mennetta mi riferì che all’incontro organizzato dai Licciardi ci sarebbe stato anche Giovanni Esposito e pertanto decisi di parteciparvi. In quell’occasione quest’ultimo chiede di vendicare il tentativo di agguato posto in essere ai danni del fratello di Pasquale Riccio, presente all’incontro, da parte di Giuseppe Gervasio con l’uccisione di questi, ma a tale richiesta mi opposi fermamente». Ed è proprio a questo punto che nella querelle si sarebbe inserita la cosca della Masseria Cardone di Secondigliano: «In quell’occasione intervenì la famiglia Licciardi a placare gli animi in tempesta, la quale, provando a risolvere la situazione, stabilì che ogni famiglia doveva rimanere nel proprio ambito territoriale e che in caso di ingerenza nella gestione degli altri affari il responsabile sarebbe stato punito dalla stessa famiglia di appartenenza, così da non dare vita a una faida».