L’analisi dell’avvocato Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali internazionali: ha tradito gli ideali grillini e si è alleato con Lega e Pd. Che reputazione può avere all’estero?
di Alexandro Maria Tirelli
Un Paese che manda in giro, come ministro degli Esteri, Luigi Di Maio è un Paese che intende offrire di sé l’immagine di una Repubblica delle banane. E non solo perché l’ex leaderino dei Cinquestelle ha dato prova di avere credibilità zero, avendo sistematicamente violato i principi etici e politici su cui si basava il suo stesso movimento, ma soprattutto perché non ha oggi alcuna forza parlamentare, democraticamente eletta, a cui rispondere del proprio operato. Ovviamente, non considero il manipolo di scappati di casa che hanno messo su, in tempi record, due nuovi gruppi alla Camera e al Senato con modalità e finalità che il Di Maio delle origini avrebbe bollato con la lingua intinta nella pece, trattandosi di una operazione di laboratorio utile solamente a garantire la loro sopravvivenza politica. Né possiamo immaginare che basti come dante causa il solo premier, Mario Draghi, la cui autorevolezza non può certo consentire la violazione del principio base della separazione dei poteri tra esecutivo e legislativo.
Manca la legittimazione parlamentare
Il mio ragionamento è invece di natura istituzionale: ogni ministro deve avere una legittimazione parlamentare, dev’essere espressione di una forza parlamentare che a lui affida l’indirizzo strategico degli obiettivi e dei programmi politici premiati dagli elettori. A maggior ragione se questo ministro è il capo della Farnesina, ovvero colui che spende la forza negoziale del Paese rassicurando gli altri Stati, circa gli impegni italiani, e perseguendo strategie internazionali sui grandi temi al centro dello scacchiere geopolitico mondiale: dalla crisi del gas alla guerra in Ucraina passando per l’immigrazione e gli accordi commerciali.
Oggi, ripeto, Di Maio a chi rende conto? Di certo non più al M5s e nemmeno alla sua coscienza considerato che entrò in parlamento, nel 2013, dichiarando di essere contro l’euro e di credere ciecamente al vincolo di mandato. Oggi, è diventato un convinto europeista ed è già in campagna elettorale per riconquistare per la terza volta lo scranno a Montecitorio. Sulla base di quale premessa (o promessa) un premier europeo o un ministro degli Esteri dovrebbero prestargli fede?
Qual è la visione politica di Di Maio oggi?
Vado oltre: qual è la visione politica di Di Maio, attualmente? Quale politica estera intende perseguire? È stato vicepremier in un governo con la Lega, si è poi alleato con il Pd (ricordate quando lo definiva il partito di Bibbiano che ruba i bambini?) e, infine, si è accasato sotto l’ala protettrice di Draghi. È tutto e il contrario di tutto. Fluido come l’acqua, si adatta alla forma del contenitore in cui viene versato.
Un uomo fortunato
Più che un giovane democristiano, come provano a insultarlo sui social offendendo, invece, la gloriosa tradizione politica del cristianesimo democratico che ha fatto grande l’Italia dal dopoguerra fino al golpe di Mani pulite, Luigino da Pomigliano assomiglia alla maschera del professor dottor Guido Tersilli, interpretato da Alberto Sordi. Un professor dottor senza laurea, però. Ma fortunato, sì. Per aver indovinato la sestina che gli ha consentito di vincere non il Superenalotto ma un giro sulle giostre della politica più alta con il benefit finale di una ricca super pensione. E la chiamavano «onestà».
Alexandro Maria Tirelli
Presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale