Due commercianti legati al clan parlano (intercettati) della tranche da 15mila euro da versare ai «compari»
La piaga del racket delle estorsioni: c’è chi, come dovrebbe fare chiunque, si rifiuta di pagare e denuncia alle forze dell’ordine quanto è costretto a subire, e chi, invece, vuoi per paura di ritorsioni, vuoi perché è legato (direttamente o indirettamente) ad ambienti criminali, si piega alle richieste. La circostanza emerge da una serie di intercettazioni effettuate dagli 007 dell’Antimafia, il contenuto delle conversazioni captate finirà in una informativa di polizia giudiziaria redatta contro un potente clan del Vesuviano. A parlare sono due imprenditori che gestiscono in società, una grossa attività commerciale, che fattura decine di milioni di euro ogni anno (anche se nel periodo in cui la loro voce finisce sul «nastro», gli affari vanno assai male).
Uno degli imprenditori, in particolare, è legato da «lunga amicizia», oltre che dalla gestione di comuni interessi, ad esponenti di primo piano della cosca, a cui pure si è rivolto, in più di una occasione, per ricevere «protezione» da altri gruppi criminali. La «protezione», però, ha un costo ben preciso e nonostante il «trattamento» e il rapporto di amicizia, costringe i due commercianti a versare nelle casse del clan una tranche di 15mila euro, in occasione del Ferragosto.
«Gli abbiamo portato il regalo ai compari, e non ci siamo fatti i bagni (non siamo andati al mare, ndr), quest’anno», dice uno degli imprenditori al suo socio. Quest’ultimo conviene con lui, che si tratta di un «grosso sacrificio, soprattutto quest’anno che col lavoro stiamo così così (tutt’altro che bene)». «Stessa cosa stava capitando pure a Pasqua, ti ricordi?», domanda quest’ultimo al suo socio. «E come no, però alla fine, riuscimmo a ritardare (il pagamento), perciò adesso non potevamo far vedere che non gli portavamo i soldi», gli viene risposto.