di Giancarlo Tommasone
Liberato e Enzo Dong, due napoletani – o almeno uno, perché di Liberato, si sa poco o niente, nemmeno se sia partenopeo – sono stati inseriti nella speciale classifica redatta dalla rivista Rolling Stone Italia. Al primo posto delle venti canzoni italiane più belle del 2017 c’è «Tu t’e scurdat’ ‘e me» del fenomeno ignoto dell’hip hop nostrano, al 17esimo compare invece «Italia 1» del rapper del rione Don Guanella.
Successi con pochi precedenti per la musica made in Naples, che valica i confini del quartiere difficile e abbandonato dallo Stato e raggiunge le vette del mainstream, della corrente comune e dominante.
Forse gli ultimi ad esserci riusciti erano stati gli Almamegretta negli anni Novanta, quando rilessero il dub, il trip hop e il reggae immergendolo nelle acque del mare di Napoli e si ritagliarono uno spazio importante nel panorama musicale italiano ed europeo. Ma erano altri tempi, non c’erano i social, e la spinta delle major (occulta o chiara che si voglia intendere) non era per niente paragonabile a quella di oggi.
Fatto sta che la voce pulsante di Napoli, abbandonata la veste del movimento neomelodico, continua a vendere e ad affermarsi in Italia. È vero, non tutti condividono il giudizio estetico che ha generato la classifica di Rolling Stone: alcuni produttori che abbiamo interpellato e che di hip hop ne sanno, hanno sottolineato il fatto che quella inserita nella lista di RS è musica per radical chic, il rap, la vera scena hip hop napoletana è un’altra cosa.

Opinabile o meno le ultime conclusioni registrate, c’è comunque da ribadire un concetto: la Napoli difficile, narrata in certe canzoni, produce un giro d’affari considerevole. È questione di simboli e brand remunerativi. Liberato canta di Mergellina – anche se poche volte ho sentito dire Mergellina e non Margellina in una canzone napoletana da un partenopeo – e Enzo Dong lascia il dialetto, ma non rinuncia allo stereotipo dello spaccio di droga alle Vele, sia nel testo che nel video di «Italia 1», in cui, sullo sfondo, compare proprio uno dei palazzoni triangolari di Scampia.